Italia – Russia

Il risultato è di quelli che impressionano, amleno un pochino. 53-17 non è il miglior risultato da noi ottenuto contro la Russia, ma è invero un bel botto. C’è solamente da verificare la forza di quelli che oggi avevamo davanti, che ci hanno, comunque, segnato tre mete. Tante, troppe. Evidenziano ancora una squadra che non “scala” in difesa, che non recupera: anche se una meta è stata fortuita, bisogna lavorare ancora e meglio su questo aspetto difensivo. Non abbiamo visto, inoltre, come si comporti la mediana sotto pressione: Gori e Bocchino si sono messi in evidenza, ma non hanno certo subìto nè sofferto la pressione avversaria. La mischia ha fatto la sua solita parte, senza tanto dannarsi l’anima ed abbiamo visto, finalmente, alcune buone giocate dei tre quarti che hanno ancora il difetto di non saper sfruttare al meglio la seconda linea d’attacco: a volte sembrano (e forse lo sono davvero), un po’ ingenui, senza un’adeguata visione laterale, samurai votati all’attacco cieco contro l’avversario, senza saperlo eludere con un bel passaggio. Uno dei problemi più grossi che attualmente, però, affliggono il XV italiano è la mancanza di un calciatore convincente. Oggi hanno calciato quasi tutti con risultati meschinamente alterni. Anche con Mirko il team italiano e i tifosi che seguono non sembrano convinti, sono sempre in apprensione anche a fronte di un calcio elementare. Le statistiche dicono che, in ogni caso, un po’ tutte le squadre, Francia esclusa (80% di realizzazioni), in questo mondiale, sono deficitarie nel mettere dentro calci di punizione e  trasformare mete. Ma se per le squadre di alto rango ciò può essere quasi superfluo, per l’Italia, invece, è vitale. Ed oggi, con la Russia, abbiamo gettato alle ortiche un sacco di calci.  Ripeto: la consistenza dell’avversario è determinante per misurare la propria forza. Oggi la Russia, come da copione, si è mostrata per quello che è: una squadra (come molte altre) che avrebbe potuto starsene a casa anzichè partecipare al mondiale. Con gli USA sarà tutto un altro discorso? Può darsi, ma anche le “Eagles” non sono fulmini di guerra. Se presi con la giusta concentrazione e determinazione, almeno 30 punti, dall’Italia, dovrebbero beccarseli. Salvo smentite… che gli azzurri ogni tanto ci propinano.
Franco

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Dal Gazzettino del 19 settembre 2011

PRO12 & NAZIONALE: Il tecnico Franco Smith spiega perchè
le sue scelte non vanno contro l’interesse degli azzurri.

Treviso si difende «Anche l’Italia usa il doppio estremo».

Ivan MALFATTO

«Gli All Blacks con Muliaina e Guilford (o altri) giocano
con due estremi. L’Australia lo fa con Ashley-Cooper e Beale. Anche Nick
Mallett lo ha capito e contro la Russia domani schiererà Masi e McLean. L’ala
non esiste più. Non esistono più i ruoli, solo i numeri. Per questo a Treviso
alterno Nitoglia e Williams ala-estremo. Non per fare qualcosa contro le norme
della federazione, con la quale non voglio assolutamente scontrarmi, ma perchè
lo impone l’evoluzione del gioco».

Uno Smith
accorato e Franco, come il suo nome, commenta così la sconfitta del Benetton
con gli Ospreys (32-27) nel terzo turno di Rabodirect Pro12. Accanto alla
delusione «per il risultato, ma non per il gioco, perchè è stata una delle
migliori partite nei miei cinque anni a Treviso», mostra lo sconcerto e
l’impotenza per l’avversario in più contro il quale la sua squadra deve
combattere. Le norme Fir sull’uso degli stranieri. Non bastassero già la forza
dei rivali (scozzesi e Dragons hanno vinto, le uniche a secco sono rimaste le italiane);
i disegni del fato (il rimbalzo beffardo su Nitoglia nella meta di Isaacs ha
tenuto a galla gli Ospreys nel momento peggiore); gli arbitraggi discutibili
(il gallese Hennessy ha lasciato perplessi pure i colleghi italiani); i limiti
di squadra con 12 atleti al Mondiale, inevitabili ma ben accetti (Smith: «È il
nostro compito, siamo orgogliosi di dare più atleti possibili alla Nazionale»).
Oltre a tutto ciò c’è la restrizione sugli stranieri.

Nei trequarti
Aironi e Benetton possono usarne solo uno sull’asse verticale (mediani-estremo)
e uno su quello orizzontale (ali-centri). Così dopo il richiamo ricevuto dalla
Fir per l’uso contemporaneo di Williams (estremo) e De Waal (apertura) nel 1°
turno con il Connacht, sabato si è assistito a un teatrino. De Waal in panchina
e Burton apertura per consentire a Williams di alternarsi con Nitoglia. Uscito
per infortunio Sepe al 56’ è entrato De Waal e ha giocato ala fino al 72’,
quanto si è fatto male Burton ed è passato apertura. Dopo 56’ fuori squadra e
16’ fuori ruolo (come sarebbe finita con i suoi calci e la sua regia da
subito?), 8’ da fuorilegge per il numero 10 sudafricano. Porteranno a un altro
richiamo della Fir alla franchigia veneta?

In linea teorica
sì. La trasgressione alla norma c’è stata. Treviso avrebbe dovuto mettere
apertura Picone o un altro italiano. In linea pratica forse no. L’infortunio
potrebbe essere considerato causa di forza maggiore. In fondo l’Italia è il
Paese delle deroghe alle leggi. Gli Aironi sabato hanno usato legittimamente
due terze linee straniere (Williams e Sinoti, ne è consentita una sola) perchè
nel ruolo la Fir ritiene ci siano abbastanza italiani.

Comunque vada a
finire, resta il dubbio. È davvero così che si fanno crescere la Nazionale e il
rugby italiano? Il povero Smith a supporto della teoria del doppio estremo
espone un dato: «Nitoglia e Williams hanno fatto cinque prese al volo e due
contrattacchi a testa». Azioni tipiche da numero 15. Dove sta la furbata per
eludere le norme? L’alternanza ala-estremo c’è stata davvero. «Un’ala che non
ha mai giocato estremo fa fatica a prendere i calci – conclude il tecnico
sudafricano – Preferisco avere due estremi, fin da quando allenavo i Cheethas.
La prima giornata il Connatch a un certo punto ha iniziato a calciare su Sepe
(ala pura, ndr) e l’ho invertito». La poliedricità dei ruoli, purtroppo per
lui, non è però contemplata nelle norme federali.

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COPPA DEL MONDO Castrogiovanni: «Attenti alla Russia»

«Spetta a noi fare la
partita»

NELSON – Castrogiovanni parte dalla panchina contro la
Russia. Ma spinge anche da fuori. Prima di tutto contro il fantasma
dell’Irlanda, che prende corpo dopo l’impresa dei verdi sull’Australia. «La
vittoria dell’Irlanda sull’Australia non ha cambiato i nostri piani» assicura
Castro. «Gli irlandesi hanno fatto una grande gara, mettendo i Wallabies in
grande difficoltà con la mischia – ammette -. I miei complimenti. Ma noi
continuiamo il nostro mondiale, e proseguiamo sulla nostra strada».

Però qualcosa è
cambiato per gli azzurri. Domani a Nelson (ore 9,30) dovranno andare a caccia
del bonus offensivo contro la Russia, perchè potrebbe non essere sufficiente
battere gli irlandesi il 2 ottobre per guadagnare un posto nei quarti di
finale. A determinare la classifica potrebbero essere proprio i bonus.

«Con la Russia
non sarà facile – dice ancora Castrogiovanni invitando a non sottovalutare gli
“Orsi” -. Dovremo impostare la partita e non solo contenere, e tante
volte ci siamo complicati la vita in questo genere di situazioni: stavolta non
dovrà accadere e, anche se i nostri avversari non sono forti come l’Australia,
verranno qui a Nelson per lottare. I russi sono giocatori orgogliosi, non si
tireranno indietro e noi dobbiamo essere pronti a questo».

Molto passerà
dalle scelte della giovanissima coppia mediana Gori-Bocchino, dalla pressione
che avranno addosso. Le loro caratteristiche portano a pensare a un gioco di
passaggi e di conservazione. Me se i russi, con la loro determinazione e
fisicità, dovessero riuscire a rallentare le fasi a terra, la manovra potrebbe
incepparsi. Anche per questa evenienza Mallett schiera nel triangolo esterno
due estremi, un po’ come succede a Treviso: Masi e McLean. Oltre a garantire
copertura profonda sul gioco al piede potrebbero essere fonte di rilanci di gioco,
un’alternativa cioè all’impostazione dei mediani. Molto attesa la prova del
trevigiano Benvenuti al centro, nel suo ruolo preferito, in coppia con
Pratichetti: potrebbe sfruttare la sua velocità per rompere la linea di difesa.
Inoltre ci sarà sempre l’esperienza di Parisse, di Bortolami e soprattutto di
Mauro Bergamasco, determinato a riprendersi la maglia di flanker con una prova
super.

«Dobbiamo
procedere con una partita alla volta senza pensare alla partita contro gli
irlandesi- ammonisce ancora Castro – Se perdiamo contro Russia o Usa siamo già
fuori, quindi i miracoli vanno aiutati con tanto lavoro e spirito di squadra».
(r.sp.)

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MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO

La rivoluzione tattica della polivalenza: gap tra noi e le
grandi

C’era un tempo in cui i giocatori li riconoscevi dalla
posizione in campo, dalla morfologia e persino dal carattere. «Otto forti, due
leggeri e scaltri, quattro grandi e veloci, uno flemmatico e col sangue freddo»
secondo la famosa definizione dello scrittore francese Jean Giraudoux. Era il
rugby “democratico”, aperto a tutte le taglie. Ma da 15 anni è
cambiato tutto. Il professionismo, una preparazione senza precedenti, la
necessità dello spettacolo e nuove regole hanno prodotto una crescente
omologazione fisica e una rivoluzione tattica.

Il mondiale
neozelandese sta certificando questa trasformazione epocale, che gli
specialisti chiamano polivalenza. La distinzione tra avanti e trequarti
sopravvive ormai solo nelle fasi statiche. In quelle dinamiche sono mischiati
tra loro. Si vedono avanti difendere in linea, seconde linee calciare in
touche, piloni sprintare all’ala, trequarti entrare nelle ruck con compiti di
“pulizia”. Poi ci sono aperture e primi centri che si scambiano la
posizione, aperture che vanno a fare i mediani di mischia o gli estremi. Ed
estremi che passano all’apertura. Soluzione quest’ultima adottata anche da
Kirwan con l’Italia, quando in difesa arretrava Wakarua, dal piede possente ma
dal placcaggio incerto. E cosa altro fa Deans con Quade Cooper, genio offensivo
dalla difesa non propriamente ermetica? Lo dirotta in copertura profonda per
raccogliere i calci lunghi e contrattaccare. Il ruolo di ala è quello che si è
evoluto di più: da posto in cui si prendeva freddo a elettrone libero simbolo
di intelligenza tattica. Non solo si muove in perfetta simbiosi nel triangolo
esterno formato con l’altra ala e l’estremo, scambiandosi le posizioni, ma
interviene su tutta la linea alla Joe Roff. Determinando suprannumeri o facendo
semplicemente da esca, coprendo in profondità e contrattaccando. Ha ragione
Franco Smith: l’ala classica non esiste più.

Come detto,
resistono alla febbre della polivalenza le fasi statiche, ma non completamente:
una volta in touche saltavano solo i lunghi ora si è visto persino Mauro
Bergamasco tirare giù palloni. Tallonatori si invertono con i piloni (Smit nel
Sudafrica).

Certo il
giocatore polivalente, che gioca bene in più ruoli, è sempre esistito. Gli
anziani ricorderanno Danie Craven che con gli Springboks fu mediano di mischia,
apertura, centro e numero otto. La novità sta piuttosto nella portata e nella
sistematicità dell’applicazione del principio, spinta fino all’adattamento
permanente alla situazione di gioco nel corso della partita e alla capacità di
rispondere a differenti opzioni strategiche.

Pierre
Villepreux, già quando allenava l’Italia usava il termine francese
“suppleance” per indicare la capacità di un giocatore di rimpiazzarne
un altro nelle sue funzioni durante lo sviluppo dell’azione. Una universalità
tecnica e tattica diventata dogma ma che si può apprendere solo negli anni
della formazione, nei centri dei club e nelle accademie federali. Dopo è tardi
per colmare le lacune. Ed è purtroppo così che si spiega, anche, il gap tra
l’Italia e le grandi.

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PRO 12 Grazie al secondo punticino di bonus il Benetton è
ora penultimo ma venerdì a Glasgow contro i Warriors affronterà un match alla
portata

Ultimo posto lasciato agli Aironi

Ennio GROSSO

Una sfida che alla vigilia aveva tutta l’aria di essere
impossibile per il Benetton, invece gli Ospreys visti sabato sono parsi
battibili. Per un tempo abbondante la franchigia veneta è riuscita nel suo
intento, ha segnato due belle mete, ha tenuto lontano dalla propria area il XV
gallese, poi, anche a causa di una distrazione che è costata la prima meta, la
partita ha preso un’altra dimensione. A quel punto la strada è sembrata
segnata, anche perché una volta di più una squadra italiana ha pagato a caro
prezzo la mancanza di rispetto di un arbitraggio che ha fatto poco per
dimostrare la sua neutralità. Se fino a sabato il popolo del rugby ha sempre
accettato qualsiasi decisione e, soprattutto, qualsiasi designazione arbitrale
(l’irlandese Phillips contro il Connacht, il gallese Hennessy contro gli
Ospreys), da sabato probabilmente qualche dubbio è rimasto.

Treviso ci ha
messo del suo, indubbiamente, ma le decisioni imbarazzanti di Hennessy hanno
avuto parte determinante nell’andamento del match. Adesso è bene che questa
storia finisca: due sfide interne e due arbitri della stessa nazionalità degli
avversari. Se l’irlandese Phillips nella gara d’esordio contro il Connacht
tutto sommato aveva avuto colpe relative, sabato il gallese Hennessy ci ha messo
molto del suo, arbitrando con due metri di valutazione ben distinti, tant’è che
lo stesso Jonathan Humphreys, tecnico degli avanti degli Ospreys, a fine gara
era un po’ imbarazzato alla domanda su come avesse diretto il suo connazionale.

Ma la vita
continua e il Benetton guarda al futuro. Sabato i biancoverdi hanno mosso
ancora la classifica grazie al punto di bonus conquistato e che ha dato la
possibilità di lasciare ad altri (Aironi) l’ingrato ultimo posto, ma venerdì ci
sarà già una sfida di quelle che possono valere tanto per il prosieguo. Il
Benetton giocherà infatti a Glasgow contro i Warriors, formazione che
nell’ultimo turno ha espugnato il campo del Leinster trovando i primi punti
stagionali. Un XV scozzese che sarà galvanizzato da questo successo e che vorrà
bissare in una sfida diretta.

I Warriors, che
nella passata stagione hanno perso a Treviso 16-19 ma hanno vinto in casa 25-17
e che in graduatoria si sono poi piazzati undicesimi, alle spalle proprio del
Benetton, in estate non hanno cambiato molto della loro rosa, o almeno non
l’hanno mutata sensibilmente. Infatti, hanno lasciato Glasgow l’estremo
argentino Stortoni, il trequarti Evans, il flanker Vernon e sono arrivati il
trequarti Nathan dal Connacht, quindi i quasi esordienti in Celtic League
Pitman, terza linea dagli Ospreys e Seymour, ala dall’Ulster.

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Prossimo turno: Sepe e De Jager rischiano lo stop

TREVISO – (e.g.) Piove sul bagnato in casa biancoverde. Già
la rosa è ridotta all’osso e sabato scorso con gli Ospreys si sono infortunati
Michele Sepe (distorsione al ginocchio destro) e Ben De Jager (ferita alla
coscia destra suturata con sette punti). In settimana la decisione sul loro
utilizzo per il match di Glasgow.

 

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Dal Gazzettino del 12 settembre 2011

Ivan MALFATTO

L’Italia vista nel primo tempo contro l’Australia può
battere l’Irlanda non trascendentale vittoriosa senza bonus (22-10) con gli
Stati Uniti. L’Italia vista nella ripresa può gettare per l’ennesima volta al
vento una qualificazione ai quarti di finale a portata di mano.

L’alba della
Coppa del Mondo azzurra ha detto questo ieri alle 5,30 nell’esordio a North
Harbour. La sconfitta 32-6 con l’Australia è figlia di una prestazione dai due
volti. Da leggere non per quanto dice in sè. La trentina di punti subiti è una
costante dell’era Mallett nelle cinque sfide ai Wallabies, i sei fatti sono il
numero più basso. Va letta in prospettiva dell’unico match importante, decisivo
ed equilibrato del Mondiale “tutto in un giorno” a cui è condannata
l’Italia. Lo spareggio del girone C il 2 ottobre a Dunedin contro gli
irlandesi.

Il parziale di
6-6 con il quale si è chiuso il primo tempo è stato esaltante per le capacità
di tenuta dell’Italia. Agevolati dalla pioggia iniziale, gli azzurri non hanno
mai permesso alla cavalleria dei Canguri di prendere il sopravvento. Gioco
vicino al pack, ritmo non vertiginoso, difesa serrata, guerra sui punti
d’incontro sono stati la trama per 40’. Col punteggio mosso solo
dall’indisciplina. Un inutile fallo senza palla di Ghiraldini (3-0), uno a
terra nei 22 della difesa italiana sollecitata (6-0), un maul fatto crollare
(6-3), un tenuto di Cooper dopo palla rubata e pressione azzurra (6-6).

L’Australia ha
dominato il territorio, vinto nel possesso, controllato l’inerzia, ma non ha
saputo concretizzare. È stata brava ad annullare il vantaggio italiano in
mischia chiusa (solo nove in tutto, sostanzialmente equilibrate). Ma non è
riuscita a superare l’argine difensivo azzurro (il triplo di placcaggi). Anzi
ha rischiato di subire meta al 6’ su calcetto rasoterra di Orquera (luci e
ombre nel gioco al piede, meglio quello di Semenzato), sul quale Masi è
arrivato a schiacciare un attimo dopo Cooper. O il terzo piazzato al 16’, dopo
contro-ruck e 10 metri di penalità per protesta, sbagliato da Bergamasco da 40
metri.
Nell’indisciplina australiana (15 calci contro) si è inserita un’Italia
tatticamente perfetta per 40’. Ma incapace di replicare la prestazione negli
altri 40’. La svolta è avvenuta in coincidenza dell’ingresso di “bad boy
faccia d’angelo” James O’Connor, in panchina per punizione causa vicende
di sbornie e litigi. L’Australia ha alzato il ritmo. La palla ha viaggiato più
su linee esterne. La difesa azzurra ha cominciato a far acqua. Il caposaldo
ritrovato della touche ha subito un’incrinatura. E sono piovute le quattro mete
in 17’ decisive per l’esito finale.

La prima da
touche rubata lanciata su capitan Parisse (80° cap per lui). Buco di Ioane su
Orquera-Castrogiovanni, 60 metri di corsa, pick and go ripetuto e meta del
pilone Alexander. La seconda di Ashley-Cooper con apertura veloce in seconda
fase da touche. La terza di O’Connor su multifase dopo errore su up and under
di Masi. La quarta con partenza da mischia propiziata da avanti di Bergamasco
in un contrattacco dai 22. L’Italia avrebbe potuto trovare la sua di meta allo
scadere. Quando il pacchetto in avanzamento si è fatto soffiare palla sulla
linea, con Gori spettatore. Sarebbe stato un bel premio, ma avrebbe cambiato
poco. Sarà più importante ritrovare l’imperforabile squadra del primo tempo il
2 ottobre con l’Irlanda.

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PRO 12 A Cardiff Il piede di Burton tiene in partita i Leoni

Treviso limita i danni (33-18)

Ennio GROSSO

Un Benetton giovane, ma per nulla intimorito, ha tenuto
testa per 78’ ad un lanciatissimo Cardiff che è tornato al comando della
graduatoria del RaboDirect Pro12. Solo a 2’ dalla fine il XV gallese ha avuto
la certezza di poter vincere e conquistare il punto supplementare grazie alla
quarta meta. Fino a quel momento il risultato (26-18) lasciava spazio a più
possibilità.

Ancora una
partita senza mete per i biancoverdi, ma una condotta di gara eccellente e una
tenuta che ha fatto sperare fino alla fine nel colpaccio esterno.

Un Benetton che
ha dovuto fare a meno di due stranieri, oltre all’infortunato Botes, anche De
Waal non è stato impiegato per le note regole federali sull’utilizzo dei
giocatori non di formazione italiana. La franchigia veneta, tuttavia, ha avuto
nella precisione di Kris Burton la certezza di poter recitare un ruolo
importante; il regista biancoverde, infatti, non ha sbagliato un colpo
trasformando in punti preziosi le azioni offensive della squadra trevigiana e
rispondendo in tal modo ad ogni allungo dei gallesi.

Il ritmo
tambureggiante dei Blues ad inizio partita non sembrava poter dare molte
possibilità al Benetton. Gareth Davies sbagliava subito un piazzato non
impossibile ma al 6’ i gallesi andavano in meta e conquistavano il primo
vantaggio della giornata. Il Benetton però non si scoraggiava, portava
pressione col pack alla formazione di casa e con Burton metteva punti preziosi
in carniere rispondendo bene ai Blues: 11-9 al 18’. I gallesi però sapevano di non
poter perdere l’occasione e prima che cominciasse a piovere trovavano la
seconda meta: 18-9.

L’incontro si
faceva spettacolare e ogni volta che le due compagini passano la metà campo
avversaria volevano tornare con punti. La pioggia dava una mano al Benetton che
in breve tempo si portava sul -3 con altri 2 piazzati di Burton (18-15). Prima
della chiusura del parziale altra botta e risposta tra Gareth Davies e Burton
per il 21-18 con il quale si chiudeva il tempo.

La ripresa si
apriva però nel peggiore dei modi per Treviso. Tom James faceva il break e
trovava all’interno Martyn Williams che volava fino alla linea di meta per il
26-18. Nel finale di gara, dopo poche emozioni nel corso della ripresa, Hewitt
realizzava la quarta marcatura gallese per il definitivo 33-18.

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Mallett: «Una prova che ci ridà fiducia»

AUCKLAND – Nick Mallett è soddisfatto, nonostante la
sconfitta: «Abbiamo messo gli australiani sotto pressione, difeso bene attorno
alle ruck ed efficacemente al largo. A metà gara in spogliatoio eravamo molto
soddisfatti, nel secondo tempo abbiamo commesso qualche errore ma credo sia
anche giusto dare merito ai nostri avversari: difendere contro di loro è sempre
molto difficile, quando prendono il vantaggio in attacco fermarli è veramente molto
complicato».

Mallett guarda
con fiducia ai prossimi incontri. «Credo che oggi la squadra abbia preso
fiducia – prosegue il citì – sfidavamo un avversario che ha vinto il
Tri-Nations, messo a segno 25 punti contro la difesa degli All Blacks, 39 contro
quella del Sudafrica campione del mondo. Sono orgoglioso della squadra, ho
detto ai ragazzi di guardare avanti perché questa sconfitta non è disastrosa».

Ripartire dalle
cose positive viste contro l’Australia: è il pensiero di capitan Parisse. «Nel
primo tempo abbiamo rispettato al 100% il piano di gioco – dice l’azzurro – nel
secondo abbiamo fatto qualche errore in più. A fine partita avremmo meritato di
segnare con gli avanti abbiamo fatto un grande lavoro là davanti».

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MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO

Ci sono voluti quattro anni. Finalmente l’Italia ha giocato
40 minuti lucidi, tatticamente coerenti, efficaci. Umile e solidale. Sveglia di
testa. Certo non perfetta. Ma almeno non ha fatto la sciocchezza di andare a
sfidare gli australiani sul piano della velocità e degli impatti individuali.

Quella del primo
tempo è stata un’Italia che ci credeva non solo col cuore, ma con la ragione.
Si è ancorata ai fondamentali: il combattimento collettivo e l’avanzamento. E
ha alternato le forme di gioco che le sono più congeniali: la mischia, sia
ordinata che (eureka!) dinamica. Inoltre ha saputo giocare dignitosamente al
piede con i mediani, specie Semenzato, che è sembrato cresciuto, più sicuro di
un tempo. E così ha risalito il campo con i propri limitati ma efficaci mezzi: piede,
pressione, mischia, calci di punizione, touche, maul penetranti. Zero passaggi
in molte sequenze e pazienza per l’estetica. Se però avesse giocato così con
l’Irlanda o a Edimburgo, chissà.

Gli errori ci
sono stati. Orquera ha ciabattato un pallone direttamente in touche da
metacampo, il maul andava troppo svelto finendo per perdere gli appoggi e
aiutando gli avversari a farlo crollare. Mentre dovrebbe procedere lento e
inesorabile.

Però la difesa
placcava a due (alla faccia dei luoghi comuni sull’uno contro uno) inibendo gli
offloads australiani, giustamente temuti. E mettendosi così nella condizione di
recuperare palla. Lucianino Orquera ha cercato la meta in angolo con un maligno
assist di piede, anzichè col passaggio alla mano e solo per un’unghia
Trematerra Masi non ci è arrivato. L’Italia ha mostrato come gli altri possono
battere i Canguri. Per gli azzurri era onestamente impossibile: troppo corta la
loro coperta in altri settori di gioco. Specie nella conservazione e
difensivamente a livello della mediana. E poi sarebbe servito un
rincoglionimento precoce dell’Australia.

Nel primo tempo
Deans ha cercato di sviluppare il gioco stringendo il raggio d’azione e la
difesa, con un movimento interno-esterno, per allargare poi in seconda battuta.
Ma non ha funzionato. Si è impantanato in una difesa densa e aggressiva, che ha
rallentato i palloni a terra, impedendo agli australiani di dare ritmo alla
manovra. E inducendoli spesso al fallo. Nella ripresa i Canguri hanno cambiato
registro allargando la zona d’attacco tra la cerniera e i centri. Ed evitando
le fasi a terra. Cooper è stato l’artefice della svolta. Non ha segnato. Però
le sue finte e i suoi passaggi prima del contatto hanno messo i levrieri negli
spazi, davanti a una barriera azzurra apparsa improvvisamente lenta, sconnessa,
impacciata. Ioane, Ashley-Cooper, O’Connor hanno preso il volo tra Semenzato,
Orquera, Canale, Ghiraldini.

Sarebbe stato
necessario un rinforzo più puntuale delle zona dei mediani. Per blindarla. Un
flanker alla Mauro Bergamasco da quelle parti si sarebbe fatto sentire. Più che
in tribuna. Del resto se si vuole giocare con il peso leggero Orquera
all’apertura l’uno contro uno difensivo non può essere un dogma.

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PRO12 L’allenatore Franco Smith analizza a caldo la
sconfitta di Cardiff:

«Certe disattenzioni in difesa a questi livelli si pagano a
caro prezzo»

«Non delusione soltanto rabbia»

Ennio GROSSO

Il Benetton ha fatto tremare un solido e caparbio Cardiff
nel secondo turno del RaboDirect Pro12. Solo negli ultimi 2’ di gioco il XV
gallese ha avuto la certezza di aver vinto la gara, ma fino a quel momento il
risultato (26-18) lasciava intatte possibilità anche alla franchigia veneta di
poter conquistare qualcosa di importante.

Un 33-18 finale
che non rispecchia assolutamente quanto si è visto nel rettangolo di gioco
gallese, con un Benetton che ha risposto puntualmente ad ogni allungo gallese
grazie soprattutto ad un Kris Burton che non ha sbagliato nulla. “Se avessimo
giocato nella stessa maniera anche contro il Connacht – ammette Franco Smith a
fine incontro – non avremmo certamente perso. In noi non c’è delusione, ma
solamente tanta rabbia. Il risultato finale non è giusto e con maggiore
accortezza potevamo anche far nostro l’incontro”.

Cosa è mancato per portare a casa un
risultato importante?

“Purtroppo
abbiamo commesso alcuni errori che ci sono costati cari. Siamo stati bravi poi
a recuperare sempre, ma gli sbagli a questi livelli si pagano. In difesa
dovevamo fare qualcosa di più, evitare certe situazioni. Cardiff, dal suo
canto, è stato bravo a sfruttare ogni nostra indecisione. Poi non dobbiamo
dimenticare certe decisioni arbitrali. Solitamente io non voglio parlare del
direttore di gara, ma in questa partita ci sono state situazioni incredibili e
per noi molto penalizzanti, soprattutto nei punti d’incontro”.

      In campo avevate una squadra giovane,
quindi mancanza anche di esperienza?

“Può essere
anche se bisogna riconoscere che il nostro gruppo ora è fatto di giocatori
importanti e quando torneranno i Nazionali potremo dire di avere una rosa molto
più competitiva della passata stagione”.

      La cosa che ti è piaciuta di più della
tua squadra?

«Sicuramente
l’attitudine che hanno dimostrato i ragazzi. In campo ho visto la squadra che
piace a me, un gruppo di veri uomini che si è battuto su ogni pallone. Abbiamo
perso, è vero, ma con questi presupposti possiamo essere fiduciosi per il
prosieguo della stagione. Alla fine i ragazzi non erano assolutamente delusi,
avevano tanta rabbia in corpo perché hanno capito che il loro atteggiamento è
stato positivo – conclude Franco Smith – ma hanno perso un’occasione per portare
a casa un grandissimo risultato».

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Picone: «Ma hanno tremato a lungo»

TREVISO – (e.g.) “E’ stata dura ma abbiamo tenuto in scacco
il Cardiff fino alla fine. Peccato per certi nostri errori che poi hanno
influito sul risultato”.

Simon Picone ha
molto da recriminare a fine gara, è consapevole che il Benetton ha disputato
una partita esemplare pur avendo in campo tanti giovani e sarebbe bastata
qualche disattenzione in meno per portare a casa un risultato importante.

“Cardiff è stato
bravo ad approfittare di alcune nostre incertezze – continua il mediano
biancoverde – perché almeno un paio di mete segnate dai gallesi sono venute da
nostri sbagli. Abbiamo una squadra giovane, è vero, ma ormai all’estero non
andiamo più per fare solo presenza. Ora abbiamo la possibilità per dire la
nostra ma dovremo essere più accorti”.

      Un’occasione persa, quindi?

“Per certi
aspetti sì. Abbiamo tenuto per quasi tutta la durata della contesa, l’ultima
meta ovviamente ci ha tagliato le gambe anche perché il tempo era ormai agli
sgoccioli. Una partita che sarà utile per il futuro e che ha dimostrato anche
un atteggiamento sicuramente importante. Con questa attitudine nelle prossime
gare potremo veramente ottenere buoni risultati”.

 

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RWC – PRIMO APPROCCIO

Più sorprese che conferme in quest’inizio di mondiale, con le squadre di più alto livello evidentemente ancora in rodaggio. Se così non fosse, prepariamoci ad un mondiale meno scontato. Solo l’Australia con l’Italia, nel secondo tempo, ha dato qualche segnale di cosa è capace di fare. Proprio partendo dall’analisi di questa partita, si può dire che quando l’Italia ha finito la benzina, l’Australia con motore più potente e serbatoio più capiente ci ha piantato in asso ed è scappata. Salvo poi rendersi conto che Gori (e anche Semenzato, credo: ci sarebbe voluto Troncon) non ha ancora l’esperienza necessaria a farlo stare incollato all’ultimo piede del raggruppamento che avrebbe potuto darci la meta, dando più spessore alla nostra partita. Mallet ha lasciato a casa Burton, ed ha fatto male. Orquera attacca poco e difende meno, preferendo starsene dietro la difesa, non è un calciatore (calcia Mirko) ed ha una modesta visione di gioco. Bocchino è una seconda scelta degli Aironi… Burton ha segnato tutti i punti della Benetton contro il Cardiff Blues (tre drop e tre calci) risultando uno dei migliori in campo. L’Italia si aggrappa alla solita mischia e ad un’ordinata difesa per arginare gli assalti australiani, e nel primo tempo ci riesce egregiamente. Poi, come detto sopra, la benzina finisce… Buona la prova di Semenzato, di tutta la mischia (Van Zyl giganteggia in touche), mentre l’impaccio e la scarsa fisicità delle linee arretrate, legati anche alla poca verve di Orquera, ci impediscono di arrivare ad obiettivi diversi da quello di battere la Scozia, ogni tanto. Bisognerà che tecnici e giocatori riflettano sul perchè si siano prese quattro mete in fotocopia senza correre ai ripari, e spiegare perchè Semenzato doveva tentare anche di chiudere il buco lasciato da Orquera.
Buon primo tempo della Nuova Zelanda contro Tonga (41-10); nel secondo gli A.B. tirano i remi in barca e vivono di rendita. Partita con fenomeni di handling rilevanti. Imbarazzante, verso la fine del match, la mischia retrocedente degli A.B. con l’arbitro che, come con l’Italia due anni fa a Milano, non concede ai tongani una sacrosanta meta tecnica.
La Scozia soffre con una Romania fisica e determinata. Il risultato finale (34-24) è specchio dell’incertezza della partita, che a 6 minuti dalla fine era in parità (24-24). Mete di mischia per la Romania.
Nessun problema per le Fiji, che superano abbastanza agevolmente la Namibia (49-25). Anche in questa partita parecchi errori di handling e un’attitudine difensiva un po’ “naif”.
Nonostante il risultato eloquente (47-21), per la Francia non è stato affatto facile piegare il Giappone di J. Kirwan, squadra votata al combattimento e mai doma. Francia abbastanza pasticciona, confusionaria, disordinata e, come al solito presuntuosa; se non porrà qualche rimedio all’anarchia tecnico-tattica, con le più forti saranno dolori.
Un Sudafrica monotono e prevedibile, quasi privo di fantasia, ha avuto la meglio, per un solo punto, (17-16) sul Galles, anche grazie ad un calcio di Hook che solo arbitro e giudici di linea hanni visto fuori. Anche la fisicità, caratteristica che ha sempre contraddistinto gli Springbocks, sembra scemata. Si può solo pensare che non siano ancora al massimo, diversamente sarà tutta una strada in salita.
Argentina tosta, che però soccombe all’Inghilterra (9-13), anche grazie all’arbitraggio che non vede due vere e proprie “aggressioni” di Lawes, da squalifica, ed un placcaggio senza palla su un argentino.
Irlanda brutta, con solo qualche timido lampetto di genio del suo “vecchietto” O’Driscoll e del solito Tommy Bowe che riesce a guizzare oltre la linea. Stati Uniti organizzati in difesa, ma deboli in mischia chiusa. Irlanda, a questi livelli, abbordabile persino dall’Italia. Ma la squadra “green” crescerà, mentre noi, credo, siamo già al massimo.

Franco

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ED ORA VIA AL MONDIALE DI RUGBY

Domani,
9 settembre 2011, avranno inizio i mondiali di rugby in Nuova Zelanda (RWC),
terra della squadra più conosciuta al mondo: gli All Blacks.

Inizieranno
a giocare proprio i tuttineri, che avranno come avversario Tonga.

Però,
era già qualche settimana che si cominciava a respirare aria di mondiale: da
quando, cioè, gli All Blacks ne hanno sentito l’odore ed hanno finito di giocare
il Tri Nations perdendo quello smalto inattaccabile che fino ad allora avevano
messo in mostra. Sindrome da fallimento, visto che hanno vinto solo il primo
mondiale, giocato ancora a casa loro?

Dopo
aver strapazzato il Sud Africa, in casa, per 40 a 7 nella seconda giornata del
Tri Nations ed aver vinto con l’Australia, sempre in casa, nella giornata
successiva per 30 a 14, qualcosa ha cominciato ad incepparsi in quel meccanismo
di gioco, potenza, rapidità ed intelligenza tattica, che sembrava oliato e perfettamente
funzionante. Ne è stata lampante dimostrazione la successiva partita giocata dalla
squadra neo zelandese a Brisbane, contro l’Australia. Risultato a parte (25 a
20 per i canguri), il primo tempo dovrebbe entrare nella storia del rugby per
quello che gli Australiani hanno fatto vedere sul campo, proprio a spese dei
neo zelandesi, ed essere proiettato per la visione a tutti gli addetti ai
lavori con un po’ d’ambizione, in versione propedeutica. Raramente si è visto
un rugby così intenso, intelligente, razionale, tecnico, e chi più ne ha più ne
metta. Australia che può giovarsi di una mediana stellare, forse la migliore al
mondo al momento, con il n° 9, Genia, imprendibile se gli si lascia un metro di
spazio e rapidissimo nelle giocate e Quade Cooper che ha soffiato il posto
nientemeno che a Giteau (escluso dalla rosa).

Per
la vittoria finale, anche tenendo conto che ancora le squadre non sono al top
della forma, e considerando l’ultimo Tri Nations, vedrei proprio l’Australia,
ma… si gioca in Nuova Zelanda e gli All Blacks faranno di tutto per riprendersi
il titolo che manca loro dal lontano 1987, anche carte false (come nel 1995 in
Sudafrica: tutta da rivedere la semifinale tra gli Sringbocks e la Francia).

Il
Sudafrica ha qualche problema che non lo pone tra le favorite per la vittoria
finale. A parte la vittoria sulla Nuova Zelanda, nell’incontro casalingo dell’ultimo
Tri Nations, la squadra guidata da Peter De Villiers ha mostrato quasi sempre
un gioco senza molte varianti allo scontro frontale, tattica preferita dagli
Springbocks: incornate all’avversario, ripartenze lente dai raggruppamenti e
trequarti non più micidiali come qualche tempo fa (chiedere ad Habana, che
riesce a difendere, ma non segna quasi più).

Non
vedo tra le stelle nemmeno la Francia, balbettante ed ancora alla ricerca di
equilibrio tattico, con quell’estro capace di farla girare a mille, ma che a
volte si trasforma in quella presunzione dalla quale non riesce a liberarsi
(vedi anche l’ultimo VI Nazioni, nella partita contro l’Italia).

La
squadra dell’emisfero nord che potrebbe con più possibilità inserirsi tra le
semi finaliste potrebbe essere l’Inghilterra, poco fantasiosa ma robusta e
concreta.

La
sorpresa? Ancora l’Argentina, anche se non è più la squadra di qualche anno fa.

E
l’Italia? Chi è convinto che possa superare il turno ed accedere ai quarti
sarà, come al solito, clamorosamente smentito: ma la speranza è l’ultima a
morire ed io vorrei tanto sbagliarmi.

La
squadra italiana, prima di tutto, dovrà evitare il knock down contro l’Australia
e quindi affrontare con moltissima concentrazione Russia e USA, che non faranno
certo da sparring partners. Dopodiché l’Irlanda, acciaccata, con molti “vecchietti
terribili” ancora in squadra ed un’esperienza che noi non abbiamo ancora, ci
toglierà il passaporto per i quarti.

Troppo
in smobilitazione la squadra che Nick Mallet ha allestito, sia perché il
sudafricano se ne andrà a fine mondiali, sia perché le alternative in suo
possesso, soprattutto tra i trequarti (mediano di apertura in particolare) non
sono sufficienti ed efficienti. Lasciatosi scappare Gower, che ora gioca con la
Nazionale Italiana del rugby a 13 e che io non ritenevo, comunque, un buon
giocatore, ore tutti piangono dimenticando che su quel giocatore la FIR ci
aveva investito per tre anni, ma poi l’offerta di 150.000,00 euro non è stata
sufficiente a trattenerlo. Bell’esempio di gestione da una Federazione che sta
facendo scoppiare il rugby italiano, lo sta distruggendo a poco a poco. Un
pachiderma immobile, affamato e rabbioso, che vuole distruggere scientemente la
“sua” creatura.

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Addio Klem!

Non è possibile stare dietro a qualsiasi avvenimento. Seguire tutto, proprio no.
Ho scoperto in questi giorni che il 25 giugno scorso è morto nientemeno che Jan van Beveren. Notizia davvero triste.
Soprannominato ovunque “Klem” e nato nel 1948, Jan van Beveren è stato certamente il più celebrato ed efficace portiere del calcio olandese.
Difese con successo la porta del PSV Eindhoven per molte stagioni e totalizzò anche 32 presenze in nazionale ma saltò clamorosamente il Mondiale del 1974, quello che ci consegnò la più grande squadra di calcio di tutti i tempi sebbene non vincesse il torneo: i Paesi Bassi.
Jan van Beveren era una persona tutta di un pezzo e male si adattò ad uno spogliatoio Oranje dove il capetto indiscusso era Johan Cruijff e il suo sgherro era Johan Neeskens. E il bondscoach era Rinus Michels. L’asse del comando targata Ajax infastidì il nostro Klem e nella primavera del 1974 apparve chiaro che non avrebbe preso parte alla Coppa del Mondo.
Pazzesco, sicuramente. Ma coerente.
Michels capì al volo il rischio di frattura all’interno dello spogliatoio e si rivolse altrove. Ci si attendeva che il titolare diventasse Piet Schrijvers del FC Twente Enschede ma invece venne promosso Jan Jongbloed, 34enne del FC Amsterdam. Terzo portiere fu Eddy Treytel del Feyenoord di Rotterdam.
Per anni mi sono domandato se sulla repentina giravolta di Gerd Mueller, che diede il vantaggio per 2 a 1 alla Germania Ovest in finale, precisa ma per nulla imparabile il nostro Jan van Beveren avrebbe fatto il miracolo e parato il tiro. Jongbloed si limitò a guardarla insaccarsi alla sua destra.
Se mi chiedessero di stilare un XI di tutti i tempi beh nel ruolo di portiere avrei davvero ben pochi dubbi su chi indicare…
Addio Jan. Sei stato il numero UNO in più di un senso.
Rest in Peace!

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México-Monterrey è la finale nella Zona Norte. Quintana Roo e Veracruz in vantaggio 3 a 2 nella Zona Sur

Agosto è sempre tempo di play-off (pardon: POSTEMPORADA) nella Liga Mexicana de Béisbol.
In questa edizione 2011 i primi verdetti dei quarti di finale ci dicono che México e Monterrey hanno prevalso per 4 a 2 rispettivamente contro Puebla e Reynosa nella Zona Norte e che da martedì inizieranno la decisiva sfida per accedere alla finalissima. Nella Zona Sur invece le due sfide sono entrambe sul punteggio di 3 a 2: Veracruz conduce infatti su Campeche così come Quintana Roo su Oaxaca.
Stasera Quintana Roo in casa disputa Gara 6 e domani l’eventuale Gara 7 mentre sempre domani Campeche tra le mura amiche gioca Gara 6 e lunedì l’eventuale Gara 7.

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Australia – Samoa

Sorprendente risultato a Sidney, dove Samoa batte l’Australia per 32 a 23, nell’ultima partita di preparazione al Tri Nations che inizierà sabato prossimo e che vedra proprio la squadra australiana impegnata contro il Sud Africa.
Sotto di dieci punti, i canguri non capitalizzano un paio di calci sicuramente fattibili, preferendo presuntuosamente due calci in touche che non daranno alcun vantaggio. Squadra sterile e pasticciona, l’Australia non era nemmeno esente da errori banali, non dando mai l’impressione di poter recuperare Samoa nel punteggio, che l’ha vista sempre davanti. Devastanti e a volte anche scorretti i placcaggi degli isolani, che vedevano soccombere  i canguri sia in difesa che in attacco:  il placcaggio era sistematicamente avanzante! Una determinazione aggressiva, a tutto campo, asfissiante ed efficace, ha concesso a Samoa la prima vittoria sull’Australia, a dire il vero orfana di alcuni uomini chiave, ma ciò non toglie nulla al valore dell’avvenimento. Gli australiani, per molti minuti, sono stati veramente in balìa degli indemoniati samoani, capaci di segnare una meta anche in inferiorità numerica.
Arbitraggio insufficiente: Samoa ha commesso molti falli, ripetutamente (placcaggi alti, di spalla, entrate laterali e fuorigioco clamorosi), che l’arbitro o non ha visto o ha ritenuto fossero, sbagliando, regolari. Come già scritto, sabato prossimo inizierà il Tri Nation e per l’Italia, il prossimo 13 agosto a Cesena, test match con quel Giappone di John Kirwan, recente vincitore della Pacific Nations Cup, che nel ranking mondiale ci sta con il fiato sul collo. Ne vedremo delle belle.
Franco

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Manovra sangue e lacrime

Una quarantina di miliardi di manovra finanziaria. Tasse a carico dei soliti noti, cioè i settori più deboli della popolazione. Berlusconi, come al solito mentendo, aveva dichiarato che non si sarebbero messe le mani nelle tasche degli italiani. Non si sono toccati i privilegi delle “caste”, per non urtare la suscettibilità dei poteri forti. Però… Sono stati acquistati per 13 miliardi 110 aerei da combattimento; acquisto legittimato dall’evidente fatto che siamo in stato di guerra con qualcuno, ma nessuno sa di preciso con chi.
Stiamo cominciando a spendere 20 miliardi per l’inutile TAV, che rischia sopratutto di scavare un tunnel finanziario più profondo di quello reale previsto a sconvolgere la Val Di Susa ed a richiamare sul posto la mafia degli appalti.
Continuiamo a rifinanziare le missioni all’estero, che costano una fortuna e servono solamente a confermare l’atto di sudditanza che patiamo nei confronti di USA & Co.
Già sommando tutto ciò non sarebbe servito fare nessuna manovra.
Qualcosa in più? Eccolo: alcuni costi della politica e/o a suo uso e consumo.
Lo Stato finanzia l’editoria con circa 700 milioni di euro l’anno: se un giornale non ce la fa a rimanere in edicola con le proprie forze deve chiudere. Finanziamento puramente clientelare in quanto forza la libertà di stampa dal momento in cui è lo Stato che ti dà i soldi per sopravvivere, limitando l’autonomia del giornalista.
55 milioni l’anno è la spesa che Montecitorio sostiene per gli affitti.
Per non parlare dei “soliti” stipendi dei parlamentari, che comprendendo portaborse (generalmente familiari o amici), rimborsi spese, indennità di carica, una marea di benefit ed il diritto alla pensione dopo 35 mesi di carica (contro i quarant’anni – per ora – dei comuni mortali), possono tranquillamente superare i 25.000 euro mensili.
E queste sono solo le spese più evidenti.
Invece di mettere sempre le mani nel portafoglio dei cittadini, una manovra finanziaria molto più efficace e durevole nel tempo e negli introiti dello Stato poteva essere questa:
Nel 2009 è stato fatto lo “scudo fiscale” che ha permesso il rientro anonimo di capitali illegalmente esportati pagando la percentuale ridicola del 5%: applichiamo a questi capitali sporchi, ma legalmente rientrati, ancora un 5%. Sarebbero milioni di euro e a carico di chi ha evaso il fisco, e comunque pochi rispetto a quanto costoro non hanno dichiarato.
Altra manovra, che contribuirebbe anche a sveltire i tempi della giustizia sarebbe quella di imporre una cauzione di 2.500,00 euro per ogni richiesta di ricorso al processo d’appello, arginando così, di fatto, la massa enorme di ricorsi presentati solo per puntare alla prescrizione.
Rigore e severità contro l’evasione fiscale, raddoppiando le pene pecuniarie nei confronti di chi froda i propri concittadini, comprendendo sistematicamente la confisca dei beni e delle proprietà.
Tassa patrimoniale per tutti i soggetti ched hanno un capitale superiore ai 5 milioni di euro.
Fine della manovra economica.

Franco

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Riminiscenze scolastiche

Chissà perchè ieri sera, prima di addormentarmi, mi è balenato in mente il nome di Francesco Berni, mentre cercavo di ricordare alcuni pezzi di Cecco Angiolieri.
Berni vissuto tra la fine del 1400 e mortyo nel 1537 era un poeta satirico e burlesco. Ecco la poesia che ricordo aver studiato alle superiori (la prima), ed un’altra che, vagamente, ho ricordato aver letto nei bei tempi andati. In entrambe è evidente il fatto che il suo bersaglio ideale è la donna. Per me vere opere d’arte.

Ritratto
dell’amata


Chiome d’argento fine, irte, ed attorte
Senz’arte intorno ad un bel viso d’oro;
Fronte crespa, u’
mirando, io mi scoloro,
Dove spunta i suoi strali Amore e Morte;

Occhi di perle vaghi, luci torte
Da ogni obbietto disuguale a
loro;
Ciglia di neve; e quelle ond’io m’accoro,
Dita e man
dolcemente grosse e corte;
Labbra di latte; bocca ampia, celeste;

Denti d’ebano, rari e pellegrini;
Inaudita, ineffabile armonia;

Costumi alteri e gravi; a voi, divini
Servi d’Amor, palese fo che
queste
Son le bellezze de la donna mia.

Francesco Berni – Crestomazia italiana.
…………………………………………….

Sonetto contra la
moglie

Cancheri, e beccafichi magri arrosto,
e
magnar carne salsa senza bere;
essere stracco e non poter sedere,
aver il
fuoco appresso e ‘l vin discosto;
riscuoter a bell’agio e pagar
tosto,
e dar ad altri per dover avere;
esser ad una festa e non
vedere,
e de gennar sudar come di agosto;

aver un sassolin nella
scarpetta,
et una pulce drento ad una calza,
che vadi in su e in già per
istaffetta;

una mano imbrattata ed una netta;
una gamba calzata ed una
scalza;
esser fatto aspettar ed aver fretta;

chi più n’ha più ne
metta,
e conti tutti i dispetti e le doglie:
ché la peggior di tutte e’
l’aver moglie.

(Rime)Autore: Francesco Berni (Lamporecchio,1497
– Firenze, 1535).
Note: Poeta burlesco e satirico, rifiuta la
monotonia
di un linguaggio raffinato ed eletto ed esprime nelle
sue opere
una visione ludica del poetare.
Opere: “La Catrina” (1516?), “Orlando
innamorato” (1531).


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Dal Gazzettino del 04 luglio 2011

MONDIALE UNDER 20 Bilancio positivo per l’organizzazione ma
negativo per i risultati dell’Italia. L’analisi del tecnico Cavinato

Azzurrini deludenti. Il dito è puntato sull’Accademia

L’ALLENATORE: «C’è una difficoltà di confidenza con l’insegnamento
dei fondamentali»

Ivan MALFATTO

Un grande successo dal punto di vista organizzativo. Un
grande motivo di preoccupazione per la competitività dell’Italia. La Coppa del
Mondo di rugby under 20 organizzata in Veneto è andata in archivio con due
bilanci opposti. Previsti alla vigilia, ma non per questo meno soddisfacenti
(il primo) e deludente (il secondo).

Sul fronte
organizzativo basta un dato. Fornito dal direttore del torneo per la Fir Tullio
Rosolen: «Avevamo messo a bilancio circa 300mila euro di incassi, ne abbiamo
fatti almeno il doppio. All’interno di una spesa complessiva di circa due
milioni di euro mi sembra un buon risultato».

Circa 50mila gli
spettatori dichiarati. Una media di 10mila a giornata nei tre stadi di Rovigo,
Padova e Treviso. Un’ottima affluenza, considerato che a tirare erano solo le
partite dei Baby Blacks e, in parte, dell’Italia. «Puntavamo a fare il pieno in
uno stadio ogni turno, vista la vicinanza delle tre città» dice il direttore
del torneo per l’Irb Philippe Bourdarias. Ci sono riusciti. Nel 2° turno anche
a Rovigo, la piazza più debole per appeal dei match e “rigetto ovale”
dopo la delusione della finale scudetto persa in casa. Va aggiunta la buona
copertura mediatica della Rai (16 partite) finita in 142 Paesi che fa dire a
Bernard Lapasset: «È stato un grande successo. La grande esperienza fatta nella
gestione di eventi internazionali potrà dare nuova spinta allo sviluppo del
gioco in un Paese dall’enorme potenzialità».

Qui vengono le
noti dolenti. Le «grandi potenzialità» riconosciute dal presidente dell’Irb non
si sono purtroppo viste in campo. L’Italia è stata la squadra che ha segnato
meno punti (58) e mete (6) fra le 12 in lizza. La salvezza ottenuta battendo a
fatica Tonga è un palliativo. Il nodo è la carenza di risultati nel lungo
periodo, non nel torneo. In 12 anni e 60 partite del Sei Nazioni gli azzurrini
ne hanno vinte 6-7, rimediando spesso sonore scoppole. Possibile che ciò
continui ad accadere, nonostante i benefici economici portati alla Fir dal
torneo (da 6 anni introiti alla pari) rispetto a federazioni di altri Paesi?
Possibile che l’Italia perda regolarmente da un’Argentina “isolata” e
si giochi l’élite mondiale contro un’isola “sperduta” con 106 under
20 in tutto (un nazionale ogni 4, un record!).

Vuole dire che
quei soldi non sono stati fatti fruttare, che i piani di sviluppo da essi
finanziati non portano risultati. La prima indiziata in ciò è l’Accademia
federale “Ivan Francescato” di Tirrenia, al sesto anno di vita. «Se
dobbiamo spendere 1,5 milioni di euro a stagione per l’Accademia – si
rammaricava un vecchio allenatore di vivai – per ottenere gli stessi risultati
di quanto formavano i ragazzi nei club, quei soldi forse è meglio spenderli
diversamente».

Ancora più
esplicito il ct azzurro (ormai ex) Andrea Cavinato: «Se i nazionali under 20
non sanno calciare come si deve, o se non hanno confidenza con i fondamentali,
non se la devono prendere con me, che li alleno per brevi periodi. Molti di
loro arrivano dall’Accademia di Tirrenia. Dovrebbe essere compito di questa
struttura e dei suoi tecnici fornire una preparazione adeguata a livello
individuale».

L’insegnamento
dei fondamentali, delle abilità di base è la prima grave carenza dell’Italia
under 20. Quindi bisogna chiedersi se gli allenatori preposti a insegnare ai
futuri azzurri a calciare, passare e placcare sono davvero i più competenti per
farlo. Ma prima del problema dei formatori viene quello del reclutamento. La
Fir è orgogliosa dei circa 67mila tesserati raggiunti nel 2011. Quanti di loro,
però, sono giocatori effettivi? Quanti sono solo numeri senza prospettiva di
enti scolastici, squadre di C o altri serbatoi vuoti? Se non c’è la quantita
non ci può essere nemmeno la selezione per la qualità.

Infine la
contingenza. Le attuali annate under 20 (’91-’92) secondo gli addetti ai lavori
sono le più “sfortunate”, povere di talenti. Dal ’93 ci dovrebbe
essere qualcosa di meglio. Anche perchè dovrebbe iniziare a pagare la
formazione fatta nelle Accademie zonali under 17 (Mogliano, Parma, Roma), che
hanno iniziato a lavorare da quell’annata. La prossima stagione ne vedremo già
qualche frutto?

…………………………………………………

INTERVISTA L’ex citì della nazionale Bertrand Fourcade

«Italia, ecco cosa
non va»

Antonio LIVIERO

«Capacità fisiche superiori e una tecnica individuale
eccezionale». Così Bertand Fourcade, 68 anni, francese, ex citì della nazionale
italiana e poi direttore tecnico della federazione, analizza i motivi della
superiorità della Nuova Zelanda alla Coppa del Mondo Under 20 appena conclusa
in Veneto. Cioè in casa sua, perchè “Mitou” in Veneto, per la precisione
a Mirano, è impegnato in un progetto tecnico di lunga durata nella formazione
dei giovani e dei tecnici.

Entriamo nei dettagli: dal punto di vista
tecnico che cosa fa eccellere i neozelandesi?

«Prima di tutto
hanno una polivalenza incredibile. Tutti sanno giocare a seconda della
posizione che si trovano ad occupare in quel momento sul campo,
indipendentemente dal numero di maglia».

      E poi?

«I passaggi. E
la qualità dei sostegni: si piazzano in modo da offrire sempre più soluzioni al
portatore della palla. Però anche l’Australia lo fa bene. La Francia un po’
meno».

L’Inghilterra no?

«Gli inglesi
hanno un gioco troppo programmato e monotono. Raramente sorprendono le difese.
Anche se in finale devo ammettere che hanno giocato davvero bene. Ma il loro
gioco va troppo a terra, finendo per rallentare. Gli All Blacks invece
rimangono a lungo in piedi. Visto con l’Italia»?»

      Visto cosa?

«Gli azzurri
consumavano quattro-cinque giocatori nei raggruppamenti, loro uno. Logico che
all’esterno si creassero squilibri importanti».

D’accordo, ma qual è la novità tecnica di
questo mondiale Under 20?

«Oltre
all’aumento della capacità di giocare in piedi, mi ha impressionato la velocità
di uscita della palla dai raggruppamenti. Incredibile».

Ha colpito anche lo sconforto dei gallesi
dopo essere stati strapazzati dalla Nuova Zelanda: in Galles si insegnano le
stesse cose, hanno detto. Allora perche tutta quella differenza?

«La qualità
fisiche individuali hanno scavato il gap tra le squadre di vertice. Gli All
Blacks sono più veloci e potenti di chiunque altro. E vincono tutte le
collisioni individuali».

      Come spiega invece le lacune dell’Italia
nei fondamentali?

«Le carenze sono
prima di tutto a livello di velocità, ritmo e intensità. Forse è anche un
problema di reclutamento. Mi dispiace… Non saprei come fare».

      Proprio lei che ha lavorato a uno dei
pochi piani di sviluppo del rugby italiano? Non ci credo.

«Ha ragione. Ci
siamo fatti un mazzo così, è stato messo tutto su un doppio cd per farlo
circolare in Italia. Ma a parte le accademie, il resto del progetto è rimasto
inspiegabilmente lettera morta. Un peccato».

      Appunto, le accademie.

«Mi hanno
invitato, hanno programmi buoni, lavorano bene. E una strada interessante».

      Però?

«Però qualcosa
non va, questo è evidente. Bisogna vedere. Serve una riflessione. Perchè questi
ragazzi hanno deluso dopo un anno di lavoro insieme e tante risorse investite.
Bisogna cercare di capire. Ma per questo ci sono dei responsabili. Spetta a
loro».

Cosa ne sarà del rugby giovanile italiano?

«Piano piano
arriverà. Brunel ci tiene al lavoro di base, andrà in giro per i club più di
quanto facesse Mallett. Vuole una direzione tecnica comune».

      Si torna alla scuola francese?

«Con l’arrivo di
Brunel di fatto è così. E del resto credo che sia la più adatta agli italiani.
Nonostante la globalizzazione del gioco, qualche affinità tra noi c’è ancora. E
poi i contenuti teorici sono sostanzialmente gli stessi di quelli adottati in
Francia».

Teorici. Ma in pratica?

«C’è un problema
di applicazione dei contenuti. E di sistema».

……………………………………………………………

PANCHINE AZZURRE

Ballottaggio tra
Brunello e Roselli

(im) Giampiero De
Carlo pressochè certo per gli avanti; ballottaggio fra Fabio Roselli (il
favorito) e Massimo Brunello (l’oustsider) per i trequarti. Da questi tre nomi
dovrebbe uscire la coppia di nuovi tecnici federali a cui sarà affidata la
guida dell’Italia under 20 la prossima stagione al posto di Andrea Cavinato, a
cui era stato comunicato che non sarebbe stato più ct degli azzurrini un mese
prima dell’inizio della Coppa del Mondo. In questi giorni dovrebbe firmare per
il Calvisano, appena tornato in Eccellenza, dove ha già vinto uno scudetto. Fra
i suoi ex ragazzi si parla di interessamenti per Edoardo Ghiraldini (flanker)
da parte di Calvisano, per Tommaso Castello (centro) del Petrarca, per Michele
Visentin (centro-ala) e Jacopo Bocchi (terza centro) del Mogliano, per Guido
Calabrese (utility back) del Rovigo. Augusto Cosulich (estremo) dovrebbe andare
a studiare in Inghilterra e giocare lì. De Carli-Roland De Marigny sarà invece
la coppia di allenatori per la squadra dell’Accademia, che dalla prossima
stagione disputerà il torneo di serie A.

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MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO

Il debito formativo e la necessità di tornare a investire
sulla base

È vero: il rugby è cambiato molto dagli anni Novanta a oggi.
Purtroppo in peggio per l’Italia. La nostra Under 19 ha sconfitto due volte
l’Inghilterra nel ’90 e nel ’91 e ha pareggiato nel ’92. L’anno dopo è arrivata
terza ai mondiali di categoria, e nel ’94 seconda. Nel 2011 siamo costretti a
spareggiare con Tonga per rimanere nella fascia A.

Abbiamo perso
posizioni ma sarebbe semplicistico attribuire ogni responsabilità alle
accademie federali istituite a partire dal 2006 col progetto pilota di
Tirrenia. In fondo tutte le federazioni ne sono provviste. Tuttavia sarebbe
opportuno pensare a un aggiornamento dei contenuti e riconsiderarne modello e
funzioni. L’impressione è che la Fir, concentrando l’attenzione sulle proprie
creature abbia finito per trascurare la base vitale del movimento. E che i
centri di formazione dei club, specie nelle aree più vocate, abbiano finito per
sentirsi nel migliore dei casi umiliati ed emarginati, nel peggiore sollevati
da un pesante impegno, tanto ci pensa l’accademia. E del resto a volte
l’atteggiamento della federazione è sembrato proprio quello del “ghe pensi
mi”.

Una situazione
che non poteva che portare ai problemi attuali. Intanto perchè è venuta meno
una certa spinta nel reclutamento e ciò ha impedito di allargare la base
limitando le probabilità di scoprire talenti naturali. Poi perchè si è prodotto
un pericoloso automatismo tra lo stare in accademia e il giocare in nazionale,
con l’effetto posto-garantito. Terzo, e di conseguenza: tra le cose che
sembrano mancare in Italia a livello giovanile c’è di sicuro la lotta per la
maglia della nazionale, che invece è molto dura e aperta in altri paesi come la
Nuova Zelanda e l’Inghilterra ma anche l’Irlanda e il Galles. Ogni settimana
dovrebbe essere una battaglia, ma non lo è. E senza di ciò è difficile pensare
di alzare intensità e ritmo.

Come rimediare?
Ristrutturando la piramide del movimento. Allargando la base dei praticanti,
rilanciando i centri di formazione dei club di Eccellenza e finanziandoli in
maniera importante, come accade in Francia, sulla base di parametri precisi
(strutture, risultati, qualità della didattica, formazione scolastica).
Collegandoli alle franchigie di Celtic che devono poter contare su proprie
accademie come accade ad esempio a Limerick e Dublino.

Le accademie
federali restano importanti. Ma non bastano e non devono assorbire tutte le
risorse né sovrapporsi alle realtà di punta del movimento giovanile, per non
penalizzarle. La mano pubblica dovrebbe insistere piuttosto dove mancano le
competenze, ma delegare dove ci sono. Il tutto andrebbe tenuto assieme da un
piano di lavoro comune, ispirato a una linea tecnica condivisa. E magari
periodicamente guidato dal miglior know-how oggi disponibile in Europa: non
perchè i nostri tecnici non siano all’altezza, ma perchè l’alto livello è
incompatibile con l’autoreferenzialità e si nutre di confronto continuo.
Utopia?

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SUPER 15

Finale Reds-Crusaders

Queensland Reds e Crusaders si affronteranno il 9 luglio
nella finale del Super 15. I neozelandesi hanno eliminato gli Stormers, unica
squadra sudafricana giunta alle semifinali, sconfiggendoli sul loro terreno per
29-10. Nell’altra semifinale gli australiani guidati dall’apertura Quade
Cooper, in stato di grazia, si sono imposti abbastanza agevolmente sugli
Auckland Blues per 30-13. È la prima volta che i Reds raggiungono la finale.

TEST – Nella
prima giornata della Coppa delle nazioni del Pacifico, Tonga ha battuto le Figi
45-21.

RECORD – La
federazione francese ha annunciato di aver superato per la prima volta i 400
mila tesserati,raggiungendo quota 413.293 con un aumento dell’11,4% rispetto
all’anno precedente.

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Stamane alle otto il Benetton riprende gli allenamenti in
preparazione della nuova stagione di Celtic League

Ripresa senza i nazionali Smith “punta” sulla
difesa

Ennio GROSSO

Un inizio a ranghi ridotti per il Benetton. Alle 8 di questa
mattina, alla ripresa degli allenamenti in vista della seconda stagione in
Celtic League – da quest’anno denominata «RaboDirect Pro12» – i biancoverdi si
ritroveranno senza i Nazionali, un problema, questo, al quale si dovranno
abituare visto che in questa nuova stagione la franchigia veneta dovrà fare a
meno degli azzurri per almeno una dozzina di gare. Oggi, quindi, il primo
giorno di lavoro dopo le sospirate vacanze arrivate al termine di una annata da
applausi e la conquista di 9 successi, due dei quali ottenuti contro Munster e
Leinster, le finaliste della rassegna celtica. «Almeno nella prima settimana –
dice Franco Smith – al mattino cureremo la preparazione fisica e al pomeriggio
andremo in campo lavorando soprattutto sulla difesa. Nella passata stagione
abbiamo subìto parecchie mete e sotto questo aspetto dovremo assolutamente
migliorare.

Sarà comunque
necessario trovare subito un nuovo sistema di lavoro perché molto spesso ci troveremo
a dover lavorare con metà della rosa, con un gruppo ridotto, quindi bisognerà
adeguarsi».

      Nella prima stagione celtica il Benetton
è stato la sorpresa: nella prossima?

«Vorremmo
continuare ad essere una sorpresa, ma sappiamo che non sarà una stagione
facile. Ovviamente le altre squadre ci conoscono di più e tutti si saranno
migliorati, ma dalla nostra potremo avere un anno in più di esperienza che è
cosa non di poca importanza.

Il nostro
principale obiettivo, comunque, sarà quello di essere più concreti, segnare di
più, perché nella passata stagione abbiamo disputato spesso delle gare in
attacco senza tuttavia riuscire ad infierire sulla difesa avversaria. Dovremo
essere più cinici e il nostro livello di gioco dovrà ulteriormente alzarsi. Ma
la cosa che mi preme maggiormente in questo momento, è mettere in condizione di
poter giocare atleti che magari non vanno in campo dallo scorso marzo e che a
settembre, quando inizierà la Celtic League, potrebbero essere fondamentali».

Sarà indubbiamente un anno più difficile.

«Sicuramente,
anche perché ci sono molte aspettative su questa franchigia. I nostri tifosi
vorrebbero vedere ancora la squadra ottenere dei risultati positivi come nella
passata stagione, è una cosa normale, ma sappiamo che non sarà facile, anche
perché dovremo far fronte a molti problemi».

      Primo fra tutti l’impegno in Nazionale di
parecchi giocatori.

«Sì, questo sarà
uno dei tanti problemi: per almeno 11-12 partite dovremo fare a meno di loro,
ma lo sapevamo da tempo e quindi dovremo farci l’abitudine; poi, sarà
necessario adattarsi alle regole federali con gli stranieri. Sarà un anno molto
difficile, comunque la nuova sfida ci stimola e il Benetton dovrà farsi trovare
pronto. Da subito».

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NUOVI ARRIVI. Dal Petrarca il pilone Fazzari

IN PARTENZA: Costanzo, Marcato, Vilk e Maddock

(e.g.) Non molti i cambiamenti, almeno finora, nella rosa
del Benetton.

Sul fronte
arrivi si è fatto un gran parlare negli ultimi giorni, ma l’unico vero nuovo
arrivo è quello del pilone del Petrarca Padova, Carlo Fazzari, 21 anni. Sono
stati abbinati alla franchigia veneta tanti giocatori, ma ancora se ne è fatto
nulla. Si è parlato anche di un giocatore australiano, un’apertura giovane ma
talentuosa.

Pertanto al
momento si contano più partenti, visto che hanno lasciato Treviso già 4
giocatori: 2 italiani e altrettanti stranieri. Salvatore Costanzo e Andrea
Marcato non faranno più parte della rosa trevigiana, il primo andrà a
Calvisano, il secondo potrebbe seguirlo, ma potrebbe anche scegliere di tornare
a casa, in quel Petrarca che l’ha cresciuto rugbisticamente, lo ha lanciato e
nello scorso campionato lo ha riabbracciato seppur per poco tempo.

Costanzo negli
ultimi anni ha giocato poco, vittima di tanti infortuni. Nessuna presenza nella
stagione scorsa. Marcato a sua volta si è trovato spesso la porta sbarrata, da
Burton, prima e De Waal, poi, e le sue presenze nella passata stagione sono
state 2 per un totale di 69 minuti giocati.

Per quanto
riguarda gli stranieri lasceranno Andy Vilk e Joe Maddock, entrambi rientrati
in Inghilterra.

NAZIONALE –
Ieri, intanto, è iniziato il raduno di Villabassa (Bolzano) dei 36 azzurri in
vista del Mondiale neozelandese.

Sono 16 i
giocatori del Benetton convocati, l’ultimo in ordine di tempo ad essere stato
chiamato è Kris Burton.

Pilone: Lorenzo
Cittadini; Tallonatore: Leonardo Ghiraldini; Seconde Linee: Valerio Bernabò,
Corniel Van Zyl; Terze Linee: Robert Barbieri, Paul Derbyshire, Manoa Vosawai,
Alessandro Zanni; Mediani di Mischia: Edoardo Gori, Fabio Semenzato; Apertura:
Kris Burton; Centri/Ali/Estremi: Tommaso Benvenuti, Gonzalo Garcia, Luke
McLean, Andrea Pratichetti e Alberto Sgarbi.

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Amichevoli: prima
uscita contro gli Aironi

(e.g.) Oggi, dunque, il primo giorno di scuola in casa
Benetton. Tra poco più di un mese, invece, la prima uscita. Venerdì 12 agosto,
infatti, i biancoverdi affronteranno, alle 19.30 a Monigo, l’altra formazione
italiana della RaboDirect Pro12, quella degli Aironi, una sfida che servirà
anche da passerella e per far conoscere ai tifosi i nuovi arrivi. Sabato 27
agosto, la seconda amichevole prima dell’inizio ufficiale della nuova stagione:
nell’ultimo sabato di agosto, infatti, il Benetton affronterà in Inghilterra i
London Wasps.

Infine, sabato 3
settembre, esordio nella RaboDirect Pro12 e nel weekend dal 10 al 13 novembre
debutto in Heineken Cup.

ABBONAMENTI – La
campagna abbonamenti del Benetton inizierà lunedì 18 luglio, giorno in cui si potranno
acquistare le tessere presso gli uffici del club al Centro Sportivo della
Ghirada.

A giorni la
società trevigiana comunicherà anche orari di vendita e prezzi dei tagliandi
che come già l’anno scorso dovrebbero essere accessibili a tutte le tasche.

 

 

 

 

 

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Dal Gazzettino del 27 giugno 2011

Junior World Championship: i Baby Blacks trionfano
nella finale di Padova. Spettacolo e un’Inghilterra super
Nuova Zelanda, vecchia storia: quarto mondiale
Alberto ZUCCATO
Continua la dittatura della Nuova Zelanda che, battendo
l’Inghilterra, si conferma campione del mondo under 20 per la quarta
volta consecutiva. I Baby Blacks sono stati più smaliziati, più
opportunisti e più aiutati dagli arbitri. Al plurale perchè, a
qualche fischio dubbio del sudafricano Peyper, si aggiunge il Tmo De
Santis che al 12′ della ripresa non concede una meta in mezzo ai pali
a Kvesic, a tutti parsa regolare. Il punteggio era di 23-17 per i
neozelandesi. E’ ben vero che quattro minuti più tardi l’Inghilterra
segna una meta con Wade che stavolta De Santis, nuovamente chiamato in causa, convalida. Ma la posizione è angolatissima e Ford fallisce la trasformazione, consentendo alla Nuova Zelanda di rimanere in vantaggio di un punticino, 23-22.
Ed è proprio dalla piazzola che i Baby Blacks trovano nuova linfa al 18′, con l’implacabile Anscombe (7/8 nell’acca). Tre punti che cambiano definitivamente l’inerzia dell’incontro, perchè di benzina da spendere i britannici non ne hanno più. Una partita che è andata a folate, ma che ha visto l’Inghilterra fare più cose belle della Nuova Zelanda, in
particolare nella fasi statiche, ma anche in azioni multifasi dentro
l’area dei 22 metri. Tra i più positivi, il terza linea Kvesic, la
velocissima ala Wade e l’ordinato mediano di mischia Cook, più volte
pericolosi.
Neozelandesi, dicevamo, più cinici. Come in occasione della meta di Piutau, che nasce da un’azione di Taylor, tallonatore veloce come un trequarti, che approfitta di un infortunio a Daly per scappare sull’out destro e porgere palla al citato, solo e fortissimo Piutau. Era il minuto 27 e appena per la seconda volta i Baby Blacks entravano nell’area dell’Inghilterra. Ci rimanevano fino al termine del primo tempo, e al 40′ andavano in meta con il pilone Tameifuna, dando l’impressione (errata) di avere in pugno l’incontro.
Ad inizio ripresa dopo in piazzato sì e uno no, rispettivamente di Anscombe e Ford, l’Inghilterra realizzava all’ 8′ una splendida meta con Thomas, trasformata da Ford, e riapriva le danze (23-17 il punteggio).
Poi le cose di cui abbiamo detto. La meta forse valida non assegnata a Kvesic, il calcio di punizione di Anscombe. Sul finire, al 33′, Nuova Zelanda ancora in meta con Barrett, al solito sfruttando un errore della difesa inglese e un rimpallo favorevole.
Hanno vinto i favoriti, quelli che tutti pronosticavano. All’Inghilterra rimane l’ennesima medaglia d’argento (la terza), gli applausi dei quasi 9.000 del Plebiscito e tanto amaro in bocca, perchè mai come ieri i britannici potevano vincere.
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Sofferta vittoria a Rovigo: gli azzurrini rimangono nelle squadre
di fascia A, retrocede Tonga. L’Italia si salva aggrappandosi al pack
Roberto ROVERSI
All’ora di pranzo, superando Tonga non senza una certa fatica,
l’Italia Under 20 ha staccato il biglietto per il Sud Africa dove
il prossimo anno si disputerà la Coppa del Mondo di categoria.
Ma anche quest’ultimo impegno ha evidenziato le carenze collettive e
individuali di una  squadra che forse ha sofferto troppo la pressione di giocare un mondiale in casa. Il risultato finale può anche soddisfare, il gioco mostrato in queste cinque partite, decisamente no. Contro una
formazione come quella tongana, dotata di buone individualità, ma
poco propensa a seguire linee di gioco organizzato, l’Italia ci ha
messo più di un tempo per capire che sarebbe bastato un rugby
ordinato che non si allontanasse troppo dal raggio di azione del
pack. Invece per tutto il primo tempo gli azzurrini hanno continuato
a muovere il pallone senza ottenere guadagni di terreno e usando in
malo modo il gioco al piede. Fortunatamente sono arrivate due mete
piuttosto casuali a dare consistenza a un risultato che non ha
trovato un reale riscontro nel gioco.
La prima marcatura è giunta al 2’ con Palanzani che si è infilato nell’autostrada lasciata dalla difesa dopo una ruck nei “22”. L’altra l’ha realizzata Visentin nel finale di tempo sfruttando un errore di Talakai che non ha controllato in area di meta un innocuo pallone maldestramente calciato dalla stessa ala azzurra. In mezzo si era visto soprattutto il gioco degli isolani, decisamente più a loro agio nella corsa come hanno dimostrato al 14’ con la meta di Talakai, favorita da uno
sbilenco tentativo di intercetto di Campagnaro. Al 23’, con gli
azzurrini in evidente difficoltà, Tonga si era addirittura portata
in vantaggio con la meta di Afu che ha bucato con una facilità
irrisoria. Chiedendo aiuto alla buona sorte, però, l’Italia è
riuscita a chiudere in vantaggio la prima frazione.
Nella ripresa gli azzurrini hanno finalmente dirottato il gioco sul reparto dove era evidente la loro superiorità, quello degli avanti. Così al 16’ l’arbitro ha concesso una meta tecnica per un fallo di antigioco
dei tongani in una mischia ordinata ai cinque metri e al 26’
l’Italia ha chiuso il match con la marcatura di Castello dopo una
tambureggiante percussione degli avanti. Col risultato acquisito, nel
finale la squadra italiana ha perso un po’ di concentrazione
concedendo spazio agli isolani che negli ultimi cinque minuti hanno
segnato due mete.
MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO
Tra speranze ed equiparati
Le stagioni del rugby ormai da 25 anni vengono scandite dalla Coppa
del mondo. Le squadre si stanno preparando per la Nuova Zelanda ma
già le federazioni hanno programmato il rinnovamento in vista dei
Mondiali del 2015 in Inghilterra.
Ovviamente si tiene d’occhio l’anagrafe. E ha ragione il presidente della Fir Dondi quando dice che il gruppo di Mallett si trova all’apice della propria parabola.
O vince adesso o dovrà farlo un’altra squadra. Tanto è vero che
il consiglio federale ha pensato, coerentemente, a un nuovo
allenatore per il dopo mondiale. Ma con quale squadra? Questo è il
punto.
Abbiamo già avuto modo di osservare che metà degli
azzurri che si stanno preparando alla Coppa in Nuova Zelanda, nel
2015 avranno almeno 32 anni. A guardare meglio si tratta di un
invecchiamento che colpirà soprattutto gli avanti, cioè il punto di
forza della squadra. Tra i piloni Lo Cicero avrà 39 anni, Perugini
37, Castro 34, Cittadini 33. Tra le seconde linee Bortolami arriverà
a 35 anni, Del Fava e Geldenhuys a 34, Van Zyl toccherà i 36. Avrà
36 anni anche Mauro Bergamasco e ne avranno 32 Parisse e Vosawai.
Trequarti: Mirco Bergamasco 32, Canale 33, Masi 35, Orquera 34,
Burton 35, Gower 35.
Ricambi? C’è qualche bravo giovane nella
rosa che deve ancora completare la maturazione. Ma l’Italia A, il
serbatoio naturale della prima squadra, non sta molto meglio: dei 68
giocatoi impiegati negli ultimi due anni ben 28 sono sopra i 28 anni
e tra questi 21 avanti. Poi bisogna guardare all’Under 20. E le
cronache ci segnalano grossi problemi di tecnica individuale e
collettiva. E se già a 17 e a 19 anni il gap con gli altri è quello
visto in questi mondiali, non si vede come la nazionale maggiore potrà fare l’atteso salto di qualità.
Dietro l’angolo potrebbe esserci, purtroppo, la necessità di un
nuovo ricorso agli equiparati. Meglio allora avere subìto le idee
chiare. Perchè anche per questo servono qualità e pianificazione.
In attesa di tempi migliori.
………………………………………
Clima teso all’assemblea delle società: salta il numero legale, Statuto FIR nel caos.
Fumata nera all’assemblea straordinaria per la riforma dello
statuto. È saltata a sorpresa per mancanza del numero legale
l’assemblea delle società convocata dalla Fir sabato a Bologna. Lo
scopo era quello di uniformare la “Carta” ovale ai principi
fondamentali degli statuti delle federazioni sportive nazionali, come
richiesto dal Coni. Clima teso tra le 140 società presenti con forti
critiche (in particolare Zanovello del Cus Padova e Villa della
Grande Milano) per i tempi stretti di convocazione (un mese),
informazioni tardive (due giorni prima) e mancanza di coinvolgimento
della base. Ma anche contro la proposta di ridurre il vincolo per i
giocatori da 27 a 18 anni e sul peso ponderale dei voti per le
elezioni federali. Ora comunque si dovrà procedere con la nomina di
una commissario del Coni che prenderà in mano lo statuto.
…………………………………….
Tonga KO: l’Italia tra i 12. La nazionale ora pensa ai Mondiali in Sudafrica. Cosulich: «Match difficile» Ennio GROSSO
Obiettivo raggiunto. La nazionale italiana ha sconfitto Tonga 34-22
nella finale per l’11. posto che valeva la salvezza e ha staccato il
pass per i Mondiali del prossimo anno, sempre nel gruppo Elite, che
si svolgeranno in Sudafrica. Gli azzurrini non hanno fallito la
partita decisiva, quella alla quale puntavano per rimanere nel rugby
che conta. Sin dall’avvio si sapeva che sarebbero state probabilmente
Tonga e Scozia le antagoniste dell’Italia per la permanenza nel
gruppo dei 12; con un po’ più di fortuna, la partita di mercoledì
giocata contro l’Argentina avrebbe potuto consegnare una salvezza
anticipata all’Italia, invece si è dovuto attendere l’ultima
giornata. In 80′ la nostra nazionale si giocava tutto, come del resto
i tongani. E salvezza è stata. Molta Treviso in questa nazionale, a
iniziare dai giocatori Jacopo Bocchi, Augusto Cosulich e Michele
Visentin, quest’ultimo autore di 3 mete nel torneo, ma tutti e tre
sempre grandi protagonisti; quindi il tecnico, Andrea Cavinato, e il
team manager, Franco Pavan. «È stato un mondiale molto difficile –
ha detto Cavinato – Lo sapevamo, come sapevamo che questa era la
partita che dovevamo vincere. Avevo detto subito che l’obiettivo era
la salvezza ed è stato raggiunto. Voglio ringraziare tutti i
giocatori perché hanno raggiunto un grande risultato dimostrando
carattere». Contro Tonga è stata comunque una partita difficile.
«La cosa più importante è stato vincere la partita che bisognava
vincere: c’era molta pressione e a volte è facile scomporsi quando
la pressione è così elevata. Credo che in questo stia il grande
salto di qualità che questa squadra ha saputo compiere. Contro
l’Argentina e contro Tonga, siamo stati sostenuti nel migliore dei
modi: i veri uomini di rugby sostengono la squadra soprattutto nei
momenti difficili e il pubblico ha dimostrato quanto siano belli e
importanti i valori del nostro sport». Per quanto riguarda i
giocatori trevigiani, sufficienza abbondante per tutti. Cosulich ha
dimostrato freddezza e carattere, una certezza dietro gli altri nel
ruolo di estremo; Visentin è stato un esempio di capacità e
opportunismo: la terza meta, quella segnata proprio ieri contro
Tonga, rubando il tempo al diretto avversario, è stata la chiara
dimostrazione; per quanto riguarda Bocchi, anche nell’ultimo match
tanta abnegazione e spirito di sacrificio, ma soprattutto tanta
difesa per salvare spesso la propria squadra da situazioni non
facili. Tre giocatori sui quali fare affidamento in un futuro non
troppo lontano.

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Dal Gazzettino del 13 giugno 2011

MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO

Sinergie celtiche e rilancio dei vivai per salvare il
campionato

Riconosciuti i meriti al Petrarca per la finale vinta e al
Rovigo per la stagione dominata, passata la festa scudetto, si può tentare,
senza svilire nessuno, un primo bilancio tecnico del campionato: il primo della
svolta celtica, cioè privo delle sue squadre più forti e dei giocatori
migliori.

Cominciano dalla
difesa, pietra angolare del gioco moderno. Se togliamo la finale, dove le
motivazioni e l’adrenalina hanno sopperito, com’era logico, a molte lacune (ma
non in occasione della meta di Bacchetti) i risultati sono stati spesso
deludenti. Persino nelle semifinali. Rovigo e Petrarca non hanno avuto
avversari difensivamente credibili. Si veda ad esempio la meta di Mahoney a
Parma più da dapolavoro che capolavoro. E non per demeriti dell’eroico
neozelandese, sia chiaro, ma proprio per l’inconsistente opposizione. Idem a
Padova. La travolgente reazione del Petrarca ha infranto argini di carta e la
dice lunga sul reale livello tecnico del Prato, capace tra l’altro di stare ai
vertici della classifica senza un’apertura di ruolo.

Altro indicatore
la mischia. Se è vero che tutte le grandi squadre hanno una grande mischia, e
che senza un pack forte (anche se non necessariamente il migliore) non si vince
una competizione di alto livello, quale può essere il valore di un campionato
dominato da un club (il Rovigo) il cui pacchetto veniva destabilizzato e
stappato a volte in maniera persino imbarazzante? Che gli avversari non siano
stati in grado di approfittare dei limiti macroscopici della mischia rossoblù,
la dice lunga sul valore complessivo del torneo detto di eccellenza. Tanto è
vero che appena una squadra vi è riuscita si è presa il titolo. Del resto, se
la finale del campionato ha messo in campo un solo giocatore di interesse
nazionale (Ravalle) e i nostri migliori club sono stati maltrattati in Europa,
come attendersi esiti diversi?

La strada per
risollevare le sorti del campionato è in parte compromessa e comunque lunga.
Una cosa si può fare a breve: dare il via libera a sinergie con le franchigie
di Celtic League. A progetti di collaborazione tecnica e maturazione dei
giocatori, a movimenti di atleti in entrata dalla Celtic, anche
temporaneamente. Non si vede del resto, a questo punto, quali sarebbero i
preziosi equilibri tecnici a rischio di essere turbati dall’innesto nel
campionato di elementi di caratura superiore provenienti dalla Celtic,
stipendiati dalle franchigie e inseriti nell’organico dei club. Certo sarebbe
poi da questo gruppo che Aironi e Benetton attingerebbero al momento del
bisogno. Ma già adesso possono prelevare dai club. Molto meglio se potranno
farlo all’interno di un programma tecnico coerente, con vantaggi reciproci.

A medio e lungo
termine invece si avverte il bisogno di una iniezione costante di giocatori
giovani, ma non acerbi, tecnicamente completi e di un qualche talento.
Un’operazione possibile solo con un salto di qualità dei settori giovanili, che
non possono essere ridotti alle sole accademie federali. Serve altro. E in
fretta.

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Mondiali U 20: disfatta italiana

20 mete subite ed una fatta. 150 punti subiti e 16 realizzati. Questo, in sintesi, il resoconto del girone del mondiale U20, dove l’Italia era inserita unitamente a Nuova Zelanda, Galles ed Argentina. Cavinato, il cosiddetto “allenatore” dell’Italia, evidentemente molto più portato alla polemica ed alle trasgressioni grammaticali che alla capacità tecnica di condurre una squadra di rugby, ha sottolineato come i ns. ragazzi non fossero in grado di fare di più, per diversi motivi e che, comunque, è orgoglioso di loro (sic!).
Dice che i ragazzi non sono abituati a giocare un match ogni quattro giorni, che sono fisicamente poco preparati, che non giocano (quasi nessuno) nella serie maggiore e che la preparazione atletica non è delle migliori.
Allora, delle due, una! O si dimette perchè, accusandola, la FIR, in primis, con le Accademie ha fallito (come in tutto il resto) e quindi non può presentargli una rosa all’altezza, oppure si tiene le colpe e si dimette ugualmente. Ma dimettersi, in Italia, nel rugby e altrove, significa perdere la pagnotta, che è anche ben imbottita. Quindi si resta menefreghisticamente al proprio posticino!
Un’analisi del fallimento italiano va individuata, comunque, anche nelle parole di Cavinato, oltre ad altre cause. Vediamo perchè.
Innanzitutto è insopportabile che ragazzotti di nemmeno vent’anni si facciano intimidire e si smarriscano davanti ad altrettanti giovanotti di pari età. Intraprendenza non significa solo “l’avance” che si fa alla ragazza di turno, vuol dire anche tentare, esplorare, andare al di là degli schemi, provocare e trascinare i compagni di squadra con la propria attività esemplare. Questo l’Italia non ce l’ha. E’ come lo studente che, davanti alle difficoltà dello studio, anzichè insistere dov’è carente, chiude il libro dicendo “tanto non ci capisco nulla”.
“I ragazzi non sono abituati a giocare un match ogni quottro giorni”. Ok. Perchè? Gli altri lo fanno, perchè non copiare da loro? I mondiali sono programmati da tempo: non si poteva prevedere un’intensificazione dell’attività? E se i ragazzi non giocano in prima serie (mentre molti delle altre squadre lo fanno), perchè almeno non approfittare di ciò facendoli allenare da squadre al loro livello? E qui, come al solito, le lacune FIR sono piaghe insanabili.
Allenamenti e palestra non sono stati sufficienti a plasmare come si deve il fisico di questi U20, e lo si vede al momento del placcaggio: quando si attacca perchè si sbatte addosso all’avversario e si è spinti indietro e quando si difende perchè, quasi regolarmente, siamo “asfaltati”. Ma soprattutto, sotto la spinta di una mischia possente ma non tecnica, più volte, ad un metro dalla meta, fisicamente non ce l’abbiamo fatta a marcare. Ma le Accademie, portate come fiore all’occhiello della FIR, che ci stanno a fare? Allenano la gente al biliardo anzichè al rugby?
Che poi la preparazione fisica non si sia dimostrata per nulla all’altezza lo si è constatato dal numero inverosimilmente alto degli infortuni: Accademie e FIR, ancora voi! I preparatori sono incapaci? O cos’altro? Di chi è la colpa?
Molte delle 20 mete subite hanno seguito lo stesso copione: apertura veloce al largo, difesa italiana sbilanciata o in ritardo di copertura, superiorità avversaria al largo e meta! Nessuno ha saputo raddrizzare in corsa il difetto. Quindi mancanza di capacità tecniche (head coach) ed anche mancanza di un leader in squadra capace di “leggere” la partita.
Calci di spostamnento assenti. In un rugby dove sai che devi principalmente difenderti, non puoi esimerti dal calciare per allontanare la pressione e risalire il campo. Invece, l’Italia ha preso seriemente in parola la dicitura “calcio di liberazione”: nel senso che, quando qualcuno non sapeva cosa fare, si “liberava” letteralmente del pallone. Ma a caso, senza cognizione e senso della propria posizione e di quella degli avversari.
La troppa gente presente nei raggruppamenti (anche qui, difetto da poter correggere “in corsa”, ma che nessuno ha fatto), ha ingigantito i problemi difensivi al largo, uniti ad un sostegno labile e molto spesso in ritardo.
Altra critica che denota la mancanza di una “mente pensante”: contro il Galles vi era un vento abbastanza forte che spazzava il campo nel senso della lunghezza. Ebbene, nessuno ha pensato che il vento a favore va sfruttato sia per i calci dalla difesa o per lanciare un attacco, sia per approfittare di quando i calci li effettua l’avversario, stando più “alti” essendo agevolati dalla parabola più corta della palla. Invece, alcune volte accadeva che il calciatore avversario quasi riuscisse egli stesso a recuperare il pallone da lui calciato, nel mentre i nostri, posizionati troppo indietro, erano costretti a correre velocemente in avanti per aver la possibilità di contenderlo.
Per non parlare delle altra carenze riferibili alle tecniche di base.
Toppe falle da chiudere, troppi buchi da rattoppare in quella che dovrebbe essere l’ossatura della Nazionale Italiana di rugby del futuro prossimo. Meglio sarebbe ritornare a giocare dove il nostro rango ce lo permette: VI Nazioni “B” sia per la Nazionale maggiore che per l’U20.
Certo, tutte le persone con un po’ di realismo non potevano aspettarsi risultato migliore, ma le aspettative hanno cozzato contro una realtà molto ben diversa: e questo guasta morale e prospettive.
Un plauso allo sponsor: la “Birra Peroni”. Una lattina di birra (peraltro di mediocre qualità) da 33 cl. che al supermercato si acquista per circa 0.65 centesimi di euro era venduta negli stadi a 5,00 (diconsi cinque euro!).  Altrettanti soldi (da 4 a 6 euro, ma non conosco di chi sia la distribuzione) erano chiesti per un panino mollaccione e di scarsa qualità organolettica: un ladrocinio che, però, ha indispettito a tal punto molti spettatori che, dopo aver chiesto il prezzo rifiutavano bevanda e cibarie, nonostante una canicola non indifferente. Chi troppo vuole nulla stringe. E, come al solito, abbiamo fatto la sacrosanta figura meschina con gli ospiti stranieri, allibiti per un simile trattamento. Ma quando mai impareremo? Se avessero venduto a 6 euro birra e panino, avrebbero azzerato le scorte, guadagnandoci ugualmente moltissimo! Invece, di birra e panini ne sono rimasti molti. Ah, dimenticavo: le bottigliette di acqua da mezzo litro le facevano pagare due euro (prezzo al supermercato meno di 20 centesimi di euro la bottiglia). Miserabili, approfittare anche dell’acqua!

Franco Meneghin

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Democrazia nel rugby italiano? No, sorry!

Dal sito rugby 1823 blogsfere.

Stanno cercando di farlo passare sotto silenzio, presentandosi all’Assemblea straordinaria in sordina per poi far approvare una legge folle. Uno statuto nuovo che va contro ogni principio di democrazia. E che, se i club non avranno il coraggio di alzare la voce, diverrà realtà tra meno di due settimane.

AGGIORNAMENTO: le modifiche statutarie ricalcano le direttive CONI.

Il 25 giugno, infatti, è convocata l’Assemblea Straordinaria della Fir, cui partecipano tutti i club affiliati, per votare le modifiche apportate in Consiglio federale allo Statuto.  Andiamo, quindi, a scoprire cosa ci aspetta. In particolare la modifica di due articoli.

Art. 23 – Modalità di deliberazione della Assemblea Generale (vecchio statuto)
9. Per l’elezione successiva a due o più mandati consecutivi, il presidente uscente candidato è confermato qualora raggiunga una maggioranza non inferiore al 55% dei voti validamente espressi.
10. Qualora non si raggiunga il quorum, di cui al precedente comma, dovrà essere convocata una nuova assemblea elettiva nella quale il Presidente uscente non può ricandidarsi.
Ed ecco come cambia:
Art. 23 – Modalità di deliberazione della Assemblea Generale (nuovo statuto)
Per l’elezione successiva a due o più mandati consecutivi, qualora il Presidente uscente non raggiunga alla prima votazione il quorum del cinquantacinque per cento dei voti validamente espressi, ed in presenza di almeno altri due candidati, verrà effettuata contestualmente una nuova votazione, alla quale il Presidente uscente non potrà concorrere, salvo il caso in cui abbia conseguito la maggioranza assoluta dei voti presenti.
10. Qualora non si raggiunga il predetto quorum ed in presenza di almeno altri due candidati verrà effettuata contestualmente una nuova votazione, alla quale il Presidente uscente non potrà concorrere. In caso diverso, si dovrà celebrare una nuova assemblea elettiva nella quale il Presidente uscente non potrà ricandidarsi.
Insomma, cambia poco direte. Vero. Ma metti caso che il presidente uscente al primo colpo prenda il 51% dei voti? Oggi sarebbe escluso da una nuova votazione, domani no…

Ma il vero scandalo è l’altra, grossissima, modifica che verrà votata il 25 giugno!
Art. 20 – Diritto di voto delle Società affiliate (vecchio statuto)
1. Hanno diritto ad un voto di base le società, le associazioni gli organismi sportivi che siano in regola con i pagamenti delle quote di affiliazione e di riaffiliazione siano affiliati da almeno 12 mesi precedenti la data di celebrazione dell’Assemblea, a condizione che nella stagione sportiva ricompresa nell’arco dei suddetti 12 mesi abbiano svolto, con carattere continuativo, senza avervi rinunciato prima del termine od esserne stati esclusi, effettiva attività sportiva ufficiale, intendendosi per tale la partecipazione a qualsiasi campionato iscritto nei calendari della Federazione e salvo il caso di fusione per incorporazione o cessione del titolo sportivo.
2. Oltre al voto di cui al precedente comma, verranno assegnati, a ciascuno affiliato, per ogni anno sportivo federale, per la effettiva partecipazione ai sotto elencati campionati maschili e femminili che abbiano avuto regolare svolgimento:
a) – Campionato Nazionale Assoluto di Eccellenza:
1^ Classificato: 40 voti
2^ Classificato: 38 voti
3^ Classificato: 36 voti
dal 4^ all’ultimo Classificato: 35 voti
Per assegnazione del titolo di campione d’Italia Assoluto Ulteriori: 20 voti
b) – Campionato Nazionale di Serie A:
1^ Classificato: 34 voti
2^ Classificato: 33 voti
3^ Classificato: 32 voti
dal 4^ all’ultimo classificato: 30 voti
Per assegnazione del titolo di Campione d’Italia di Serie A Ulteriori: 15 voti
c) Campionato Nazionale di Serie B
1^ Classificato: 28 voti
2^ Classificato: 27 voti
3^ Classificato: 26 voti
dal 4^ all’ultimo classificato: 25 voti
d) Campionato Nazionale di Serie C:
1^ Classificato: 15 voti
2^ Classificato: 14 voti
dal 3^ all’ultimo classificato: 13 voti
e) Campionati Federali Giovanili: 15 voti
Per l’assegnazione dei Titoli Nazionali Giovanili Ulteriori: 15 voti
3. L’Assemblea Generale determinerà, con provvedimento avente validità quadriennale, non modificabile nel corso dello stesso quadriennio, i campionati federali giovanili cui è ricollegata la assegnazione dei voti di cui alla lettera e).
4. Ai soli fini della Assemblea elettiva a ciascun affiliato è attribuito un numero di voti pari alla somma dei voti spettanti per ogni anno sportivo portato a termine nel quadriennio precedente o nelle stagioni sportive precedenti, in caso di celebrazione di Assemblea Straordinaria, prima della scadenza naturale.
Ed ecco come cambia:
Art. 20 – Diritto di voto delle Società affiliate (nuovo statuto)
1. Hanno diritto ad un voto di base (pari a 10 voti) le società e le associazioni che siano in regola con i pagamenti delle quote di affiliazione e di riaffiliazione siano affiliati da almeno 12 mesi precedenti la data di celebrazione dell’Assemblea, a condizione che nella stagione sportiva ricompresa nell’arco dei suddetti 12 mesi abbiano svolto, con carattere continuativo, senza avervi rinunciato prima del termine od esserne stati esclusi, effettiva attività sportiva ufficiale, intendendosi per tale la partecipazione a qualsiasi campionato iscritto nei calendari della Federazione e salvo il caso di fusione per incorporazione o cessione del titolo sportivo.
2. Oltre al voto di cui al precedente comma, verranno assegnati, a ciascuno affiliato, per ogni anno sportivo federale, per la effettiva partecipazione ai sotto elencati campionati maschili e femminili che abbiano avuto regolare svolgimento:
a) – Campionato Nazionale Assoluto di Eccellenza:
1^ Classificato: 30 voti
2^ Classificato: 28 voti
3^ Classificato: 27 voti
dal 4^ all’ultimo Classificato: 26 voti
Per assegnazione del titolo di campione d’Italia Assoluto Ulteriori: 20 voti
b) – Campionato Nazionale di Serie A:
1^ Classificato: 25 voti
2^ Classificato: 23 voti
3^ Classificato: 21 voti
dal 4^ all’ultimo classificato: 20 voti
Per assegnazione del titolo di Campione d’Italia di Serie A Ulteriori: 10 voti
c) Campionato Nazionale di Serie B
1^ Classificato: 19 voti
2^ Classificato: 18 voti
3^ Classificato: 17 voti
dal 4^ all’ultimo classificato: 16 voti
d) Campionato Nazionale di Serie C:
1^ Classificato: 15 voti
2^ Classificato: 14 voti
3^ Classificato: 13 voti
dal 4 ^ all’ultimo classificato: 0 voti
Nel caso in cui il campionato di serie C sia suddiviso in gironi meritocratici al girone superiore sono ulteriormente assegnati :
dal 4 ^ all’ultimo classificato: 10 voti
Al girone inferiore sono invece assegnati
1^ Classificato: 8 voti
2^ Classificato: 7 voti
3^ Classificato: 6 voti
4^ Classificato 5 voti
Dal 5^all’ultimo classificato 0 voti
e) Campionati Federali Giovanili
1^ Classificato: 15 voti
2^ Classificato: 14 voti
3^ Classificato: 13 voti
4^ Classificato 12 voti
5 ^ Classificato: 10 voti
Dal 6^ all’ultimo classificato: 0 voti
Nel caso in cui il campionato giovanile sia suddiviso in gironi meritocratici al girone superiore sono assegnati ulteriormente assegnati:
dal 5^ all’ultimo classificato: 10 voti
Al girone inferiore sono invece assegnati
1^ Classificato: 9 voti
2^ Classificato: 8 voti
3^ Classificato: 7 voti
4^ Classificato 6 voti
5 ^ Classificato: 5 voti
Dal 6^ all’ultimo classificato: 0 voti
Per l’assegnazione dei Titoli Nazionali Giovanili Ulteriori: 15 voti
3. L’Assemblea Generale determinerà, con provvedimento avente validità quadriennale, non modificabile nel corso dello stesso quadriennio, i campionati federali giovanili cui è ricollegata la assegnazione dei voti di cui alla lettera e).
4. Ai soli fini della Assemblea elettiva a ciascun affiliato è attribuito un numero di voti pari alla somma dei voti spettanti per ogni anno sportivo portato a termine nel quadriennio precedente o nelle stagioni sportive precedenti, in caso di celebrazione di Assemblea Straordinaria, prima della scadenza naturale.
Cosa significa tutto ciò? Significa che i club più piccoli, quelli di Serie C e quelli che hanno delle giovanili PERDONO il diritto di voto e di rappresentanza. Significa che chi è in Eccellenza e in Serie A (e spesso monopolizza anche le categorie giovanili in termini di risultati) vede il suo potere mantenuto, anzi aumentato, mentre chi non ha una squadra vincente nelle serie minori o nelle giovanili non ha diritto di parola. Un’oligarchia che non vuole rappresentare il movimento intero. Questo è il significato di queste modifiche che premiano i club più ricchi e potenti e lasciano senza rappresentanza le società più piccole.
Una Federazione in cui i piccoli club, quelli che vivono sul territorio, che lavorano sui ragazzini, magari senza quei mezzi per poter competere sul piano sportivo, ma che permettono alla palla ovale di esistere magari in zone poco rugbistiche, non hanno diritto di parola.
Una parola che resta in mano a pochi potenti. Un’oligarchia antidemocratica della peggior specie. Questo è quello che il CONI chiede e questo è quello che la Fir approverà a fine mese (il CONI potrebbe nominare un commissario se l’Assemblea non ratificherà le modifiche statutuarie). Insomma, una porcata del CONI che verrà approvata il 25 dall’Assemblea Fir.

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Sorteggi Heineken Cup

HEINEKEN CUP – Sorteggiati i gironi per l’edizione 2011-12. Treviso con Saracens
(campioni d’Inghilterra), Biarritz e Ospreys; Viadana con Leicester, Ulster e
Clermont.
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RUGBY HEINEKEN CUP Sono stati sorteggiati a Londra i gironi
della fase di qualificazione

Benetton, solito girone di ferro

Smith: «Saracens, Biarritz e Ospreys? Sono soddisfatto, non
abbiamo nulla da perdere»

Ennio GROSSO

Sorteggiati ieri a Londra, nello stadio di Twickenham, i
gironi della fase di qualificazione della Heineken Cup 2011/2012. Solito girone
di ferro per il Benetton che dovrà affrontare, nella Poule 5, i freschi
Campioni d’Inghilterra dei Saracens, i francesi del Biarritz e i gallesi degli
Ospreys.

Per la franchigia veneta tutti avversari
già affrontati in Heineken Cup, nel torneo 2005/2006 Biarritz e Saracens, in
quello del 2008/2009, gli Ospreys. Contro queste formazioni il Benetton è
sempre uscito battuto, ma non umiliato. Se si esclude la sfida di Swansea nel
dicembre 2008, nella quale i biancoverdi furono sconfitti dagli Ospreys 8-68,
per il resto tutti divari contenuti e una sfida, nel gennaio 2006 con i
Saracens, a Watford, nella quale Treviso ha lottato fino alla fine per il
successo, poi andato agli inglesi per 35-30. Sempre nella stagione 2005/2006 il
Benetton ha perso in casa con i Saracens 17-30, quindi col Biarritz 7-34 in
Francia e 24-38 a Monigo. Detto del 68-8 a Swansea con gli Ospreys, gli stessi
gallesi si sono imposti nel dicembre 2008 a Monigo per 36-16.

Nell’ultima
stagione, i Saracens hanno vinto il primo titolo inglese battendo in finale i
Leicester Tigers 22-18, il Biarritz nel Top 14 è arrivato al barrage per le
semifinali ma è stato sconfitto dal Clermont 17-27, infine gli Ospreys che in
Magners League sono stati sconfitti in semifinale dal Munster, poi vincitore,
per 11-18.

Nell’ultima
edizione della Heineken Cup, Saracens e Ospreys sono stati eliminati nella fase
di qualificazione, mentre Biarritz è arrivato ai quarti di finale sconfitto dal
Toulouse 20-27.

«Sono
soddisfatto del sorteggio – ha detto Franco Smith, head coach del Benetton –
come nelle altre edizioni di questa competizione non avremo nulla da perdere.
Questo, in fin dei conti, è il livello a cui aspiriamo e quindi sono contento
perché solo confrontandoci con i migliori possiamo continuare la nostra
crescita. La sfida è la stessa degli anni scorsi, d’altronde ci sono le 24
squadre più forti d’Europa, per un torneo che anno dopo anno si dimostra sempre
più importante».

AIRONI –
Inseriti nella Poule 4, gli Aironi hanno trovato Leicester Tigers, Clermont e
Ulster.

…………………………………………………..

TREVISO – (e.g.) – A 2 giorni dall’inizio del Mondiale Under
20, che si disputerà in Veneto dal 10 al 26 giugno, le squadre partecipanti
cominciano a farsi conoscere dalle città che le ospitano.

Questa sera,
alle 20.30, in Piazza dei Signori a Treviso, la città adotterà simbolicamente i
Baby All Blacks della Nuova Zelanda, l’Irlanda, il Galles, il Sudafrica e
l’Argentina che si presenteranno ai cittadini trevigiani.

MOSTRA DI MAGLIE
– Oggi, alle 12, presso il Ristorante Beccherie in Piazza Ancillotto a Treviso,
si svolgerà la presentazione della mostra «Fango e Sudore, le maglie del rugby
mondiale», organizzata da Spazio Paraggi e dalla Banca Popolare Friuladria.

La conferenza si
dividerà in due momenti e sarà occasione di presentazione della mostra, ma
anche momento in cui poter parlare di rugby e dei molti aneddoti legati al tema
della poetica della «maglia» anche in vista dell’imminente inizio dei Mondiali
Under 20.

 

 

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E.Coli Gasparri – Tratto dal blog di Beppe Grillo

Maurizio Gasparri nasce a Roma nel 1951. Ripete cinque volte la prima elementare e deve aggiornare la sua data di nascita al 1956 per continuare a frequentare la scuola. Nessuno dei suoi compagni sospetta la sua vera età. Pensano solo che sia un po’ ritardato, “grande e ciula“. Capisce subito che l’unica possibilità per lui è darsi alla politica. Se l’intelligenza non abbonda, il phisique du role però non manca a Maurizio, lo riconobbe la stessa Oriana Fallaci anni dopo: “Ce n’è un altro che sembra lo scemo del villaggio. Ha una faccia così poco intelligente, poverino, e un labbro così pendulo, che viene voglia di pagargli una plastica“. Fini vede in quel ragazzo la controfigura di Starace, il segretario nazionale del partito fascista celebrato per vent’anni su tutti i muri d’Italia con la scritta “Starace chi legge!“, e lo fa giocare nella squadra di calcio dell’MSI. Gasparri pensa di essere arrivato al top della sua carriera e, invece, è solo all’inizio. Facile all’innamoramento disse di Di Pietro “E’ un mito, meglio di Mussolini” per poi rinnegarlo come “peggior politico italiano” quando entra a servizio di Berlusconi. Diventa persino ministro delle Telecomunicazioni e gli intestano una legge che non ha mai capito fino in fondo anche se Confalonieri ha passato intere notti a spiegargliela per salvare il monopolio televisivo di Mediaset. Secondo Storace, suo ex compagno di partito: “Quella legge Gasparri non solo non l’ha scritta, ma non l’ha neppure letta“.  E’ il primo caso di ministro inconsapevole, soltanto anni dopo arriverà Scajola. E’ il padre di un aborto noto come digitale terrestre, in questo rispettando il motto “Qualis pater, talis filius“.  Qualcuno male informato lo tirò in ballo ai tempi di “Chiappe d’oro“, un presunto politico che andava a trans. Lui chiarì immediatamente: “E’ tutto un equivoco, Un giorno nel ’96, mi sono perduto in macchina nella zona dell’Acqua Acetosa a Roma, un’area che pullula di transessuali, e in questo girovagare sono stato fermato dai Carabinieri a cui ho chiesto indicazioni stradali“. Fini gli regalò immediatamente un Tom Tom, di cui Gasparri non ha mai capito il funzionamento, lo confonde con il Bunga Bunga e nonostante numerosi tentativi non ha mai raggiunto l’orgasmo. Da ex giornalista di partito (ha scritto sul Secolo d’Italia), considera  i giornalisti liberi una vera provocazione. Santoro e Vauro sonodue volgari sciacalli che vomitano insulti con le tasche piene di soldi dei cittadini” e per Enzo Biagi propose il martirio: “Biagi e Santoro stanno cercando con tutti i mezzi il martirio mediatico. Verrebbe proprio da dire: allora diamoglielo, quello che cercano“. Un vero democratico. E’ un sincero alfiere dell’antimafia e conosceva talmente bene Paolo Borsellino da svelare al Movimento delle agende rosse che “Salvatore Borsellino era disistimato dal fratello“. E’ comunque un punto di riferimento per i giovani. Infatti se uno come lui è diventato ministro, chiunque ha una speranza nella vita.

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Forse potrebbero essere scuse

C’è tanto di quel rugby union da scrivere che non lo si immagina neppure.

In questi ultimi mesi confesso di essere stato molto preso dalla pallacanestro dei miei figli con relativo blog aperto.
Poi c’erano le cose di ogni dì.
Oggi ho pure scritto un pezzo che auto-definisco interessante sul baseball messicano, in altro blog.
C’erano da catalogare oltre 40 libri di rugby per la collezione.
Insomma una marea di robe da fare.
Tornerò a scrivere di rugby union con regolarità.
Lo prometto.
Dal proprio DNA non si può fuggire.
Ultimamente è pure sbocciata la passione per gli sport Gaelici con Football e Hurling in primis.
Ammiro fratello-Franco che appena può scrive con maggiore regolarità di me.
Tranquilli: non scappo.
Anche perché vorrei riprendere la mia rubrica “Calcio a seguire”.
A presto.

Giampaolo

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L’educazione ai figli

La mia generazione è quella che più ambiguamente ha interpretato il rapporto genitori-figli. E’ stata fautrice del dialogo, delle discussioni interminabili, del dibattito e del confronto, senza mai essere così esemplare da essere semplicemente autorevole, senza tante chiacchiere inutili. L’autorevolezza avrebbe evitato l’autoritarismo verbale ed il timore di dire, ogni tanto, semplicemente, NO!

Franco

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Dal Gazzettino del 6 giugno 2011

IL CASO. Il sudafricano convocato da Mallett per risolvere i
guai della touche. Ma lo status di equiparato non vale nel club.

Paradosso Van Zyl: italiano in nazionale straniero a Treviso

Ivan MALFATTO

Corneil Van Zyl è l’ultimo paradosso del rugby italiano. Il
32enne sudafricano di Nelspruit, 111 chili per due metri, da quattro stagioni è
la torre di controllo della touche del Benetton Treviso. Sabato a Northampton
(Inghilterra) ha debuttato con la maglia azzurra nella sconfitta dell’Italia A
con il Canada per 25-12 in Churchill Cup. E’ il cinquantesimo straniero a
giocare per l’Italia A. La sua chiamata è propedeutica all’inserimento nell’Italia
maggiore, dove dovrà porre rimedio ai gravi problemi in rimessa laterale emersi
nell’ultimo Sei Nazioni.

Per la Nazionale
il gigante Van Zyl è rugbisticamente italiano a tutti gli effetti. Dopo tre
anni di residenza e attività nel nostro Paese, non avendo presenze con gli
Springboks, secondo le regole dell’Irb ha diritto allo status di equiparato.
Con ogni probabilità comporrà la seconda linea titolare dell’Italia ai prossimi
Mondiali, alternandosi con gli altri sudafricani Carlo Antonio Del Fava e Quintin
Geldenhuys. Al ritorno dalla Nuova Zelanda, però, nella sua franchigia tornerà
ad essere straniero, a differenza dei due connazionali. Italiano per la
Nazionale e la Coppa del Mondo, straniero per il Benetton e la Celtic League.
Due pesi e due misure. Due status diversi per lo stesso giocatore. Dottor
Jekyll in maglia azzurra, mister Hyde in maglia biancoverde. Perché?

Per un
paradosso, appunto. Dovuto ai regolamenti della Federazione italiana,
restrittivi rispetto a quelli della Federazione mondiale. I club di Eccellenza
e le franchigie di Celtic, infatti, possono schierare solo cinque giocatori di
formazione straniera. Cresciuti cioè nei vivai rugbistici di altri Paesi. Un
limite inesistente per la Nazionale, che in teoria potrebbe schierare quindici
Van Zyl. Solo dopo dieci presenze con l’Italia per la Fir un equiparato diventa
italiano di formazione. Quindi non viene più considerato straniero nemmeno per
il suo club o franchigia. Gli ultimi a diventarlo sono stati l’apertura
australiana Craig Gower, ma non ha mai beneficiato di tale status giocando a
Bayonne in Francia, e Geldenhuys degli Aironi..

Conti alla mano,
quando Van Zyl tornerà dalla Nuova Zelanda non sarà nella condizione di essere
considerato italiano di formazione. Se giocherà tutte le partite con l’Italia,
premondiali comprese, arriverà utopisticamente a nove presenze azzurre (se gli
azzurri approderanno in semifinale alla Coppa del Mondo). Più realisticamente
si fermerà a sei (se verranno eliminati nel girone) o sette (se passeranno ai
quarti). Gli mancheranno tre o quattro per essere considerato italiano anche
nel Benetton. Quasi tutto il Sei Nazioni 2012, se il nuovo ct Jacques Brunel lo
riterrà degno di convocazione. Nel frattempo giocherà un’intera stagione di
Celtic League con la franchigia veneta da straniero, dopo aver cantato l’inno,
difeso la maglia ed essere stato italiano a tutti gli effetti per la Nazionale.

Un caso del
genere probabilmente non esiste in nessun Paese rugbisticamente evoluto. E
forse nemmeno sottosviluppato. E’ il frutto dell’instabilità e della fragilità
del quadro di regole dettate dalla Fir per governare il movimento. La stessa
federazione sembra essersene accorta, limitatamente al caso Van Zyl, e starebbe
per correre ai ripari. Come? Cambiando la norma delle dieci presenze azzurre,
introdotta solo da qualche anno, e tornando al passato, quando bastava una
presenza per essere considerati italiani di formazione? Emanando un delibera
presidenziale ad hoc per il sudafricano del Treviso? Considerando nel computo
delle dieci presenze anche quelle con l’Italia A? Qualunque sarà la soluzione,
anche conservare lo status quo, il paradosso Van Zyl resta lo specchio
emblematico della situazione del nostro rugby di vertice. Un bel caos.

……………………………………………….

L’inattesa sconfitta dell’Italia A contro il Canada (26-12)
a Northampton complica il cammino degli azzurri nella Churchill Cup.

Per sperare di
raggiungere la finale dovranno battere con un largo punteggio la Russia sabato
pomeriggio a Gloucester, sperando che nel frattempo (mercoledì) i russi
sconfiggano il Canada.

Nell’altro
giorne i Saxsons (Inghilterra A) hanno travolto 87-8 gli Usa avversari
dell’Italia in Coppa del Mondo così come la Russia.

………………………………………………..

MONDIALE UNDER 20 Da venerdì la rassegna in Veneto

 

Gioiellini in vetrina

Alice SPONTON

«Sarà un Mondiale estremamente duro. Ogni giocatore deve
sapere che l’organizzazione di gioco e la strategia sono importanti, ma non
sufficienti. La coesione e la forza morale devono rappresentare l’arma in più».
A pochi giorni dal Junior World Championship Under 20, che da venerdì vedrà il
Veneto ospitare le migliori dodici nazionali del mondo, Andrea Cavinato,
tecnico degli Azzurrini parla della rassegna iridata.

«In questa
competizione le Nazioni si misurano con la capacità di rimanere al passo con il
rugby internazionale – osserva l’allenatore -. Per noi sarà un importante banco
di prova. In Veneto avremo il privilegio di ammirare da vicino i grandi
campioni di domani». Quanto all’Italia Cavinato avverte: «Siamo una squadra
formata interamente da giocatori e staff nati e cresciuti nel nostro movimento.
L’obiettivo è di rimanere tra le prime 11 al mondo. Ma non sarà facile contando
il gap tra i nostri giocatori e quelli stranieri. Molti disputano campionati
internazionali di altissimo livello, mentre noi abbiamo solo tre atleti che
hanno vestito maglie della Serie A (Palazzani) e dell’Eccellenza (Alberghini,
Quaglio). Insisto nel dire che i nostri ragazzi dovrebbero avere maggior
fiducia e più occasioni. E’ importante credere in loro».

In attesa del
debutto di venerdì, alle 20.10, a “Monigo” contro gli All Blacks l’allenatore
annuncia: «Fisicamente stiamo bene: i test effettuati qualche giorno fa, hanno
mostrato i migliori risultati di sempre però poi il rugby si fa in campo, non
in pista. Siamo consci dei nostri limiti e vogliamo fare un rugby pragmatico,
essenziale, non per questo rinunciatario. Il debutto contro i campioni del
mondo? Indubbiamente è uno scontro impari, ma noi daremo il massimo e andremo
in campo con la miglior formazione possibile”. I pronostici: «La nazionale da
battere è sicuramente la Nuova Zelanda. In lizza per la vittoria anche l’ottima
Inghilterra, con Australia, Francia e Sud Africa”.

CALENDARIO – Le
gare si giocheranno al “Battaglini” di Rovigo, al “Monigo” di Treviso, al
“Plebiscito” di Padova. I giorni di gara saranno 10, 14, 18, 22 e 26 giugno.
Prima partita alle 18.10, seconda alle 20.10. Prima giornata. Rovigo:
Australia-Tonga; Francia-Fiji; Padova: Argentina-Galles; Sud Africa-Scozia;
Treviso:Inghilterra -Irlanda; Italia-Nuova Zelanda. Seconda giornata: Rovigo:
Nuova Zelanda-Galles; Italia -Argentina. Padova: Australia-Fiji, Francia-Tonga;
Treviso: Inghilterra-Scozia, Irlanda-Sud Africa. Terza giornata: Rovigo: Fiji-
Tonga, Irlanda -Scozia; Padova: Argentina-Nuova Zelanda, Inghilterra-Sud
Africa; Treviso: Italia-Galles, Australia-Francia. Semifinali: 22 giugno a
Treviso (ore 18 e 20,10). Finale: 26 giugno a Padova (Stadio Plebiscito, ore
19,10).

BIGLIETTI –
Abbonamenti Padova (finale inclusa): vip 80 euro, tribuna 60, ridotto 25;
Rovigo e Treviso: vip 70 euro, Tribuna 50, ridotto 20. Biglietti unici 25 euro
vip, tribuna 15, ridotto 5. Acquisti online o alle ricevitorie Listicket.it o
TicketOne.it.

TV- Rai Sport
trasmetterà in esclusiva 16 incontri, 142 saranno i paesi collegati in tutto il
mondo.

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Francia: trionfa Tolosa. Vicenza in B

Seconda vittoria consecutiva dei Barbarians, i quali dopo
aver sconfitto l’Inghilterra si sono ripetuti sabato al Millennium di Cardiff
battendo il Galles 31-28 (5 mete a 4) nella gara che sanciva il cap numero 100
in maglia gallese di Stephen Jones e il ritorno di Gavin Henson.

Ancora una prova
superlativa di Sergio Parisse, capitano della selezione ad invito, autore di
una meta di forza nel primo tempo e propiziatore della marcatura conclusiva di
Isa Nacewa (doppietta per il giocatore del Leinster) che ha dato il successo,
proprio all’ultimo istante, ai Barbarians. Buona match anche di Leonardo
Ghiraldini, l’altro italiano in campo, entrato a 25’ dalla fine al posto di
Bruno; una prova di solidità del giocatore del Benetton e della Nazionale,
protagonista in tutte le azioni di spessore dell’ultimo quarto di gara.

TOP 14 –
Toulouse si è aggiudicato il titolo francese al termine di una soffertissima
finale vinta contro Montpellier 15-10 (pt 3-7). Per il XV tolosano si tratta
del diciottesimo titolo di Francia. Del sorprendente Montpellier l’unica meta
dell’incontro, segnata dal figiano Nagusa. Per Tolosa tutti punti di piede, 3
piazzati di Skrela (3 su 7 per lui alla fine) e due di Bezy.

UNDER – Finali
(domenica sede da definire): Viadana-Amatori Parama (Under 18),
Rovigo-Capitolina (Under 16)

SERIE C – Vicenza promosso in B, dopo aver
battuto in casa la Bassa Bresciana 14-6. Niente da fare per il Valsugana
sconfitto 35-27 a Parabiago e raggiunto in testa al girone. Passa il Parabiago
per miglior differenza punti (+1).

Ennio Grosso

………………………………………………………..

MISCHIA APERTA di Antonio LIVIERO

È stato derby vero tra Rovigo e Petrarca. Intenso, ricco di
colpi di scena. Mancava solo la nevicata di giugno d’antica memoria. Era il
1977. Petrarca-Sanson all’ultima giornata: rossoblù avanti di due punti. In
ventimila all’Appiani assistono all’aggancio da parte dei bianconeri. La
settimana dopo si va allo spareggio a Udine. Giordano Campice, dirigente e
figura storica della pallaovale rodigina, azzarda: «Scudetto al Petrarca? È più
facile che nevichi a giugno». Invece viene giù la grandine. Finisce 10-9. Ma
quando il temporale affievolisce la furia, i chicchi sembrano trasformarsi in
fiocchi. E i tifosi del Petrarca invadono allora il campo con le bandiere
gridando: “Nevica!”.

Anche due sabati
fa al “Battaglini” ha rischiato di nevicare. Troppo sicuro di vincere
il Rovigo, feste programmate in anticipo, bandiere esposte prima che il gatto
fosse nel sacco. La pressione di una finale in casa, una nube emotiva enorme
dentro una città piccola, ha bruciato energie nervose e mentali alla squadra di
Roux. E quando il prefetto ha manifestato i timori per l’invasione di campo dei
tifosi rodigini, Pasquale Presutti non si è lasciato sfuggire l’assist: «Non si
preoccupi eccellenza, ci penseremo noi ad evitarle fastidi» ha assicurato
sornione.

Così è stato.
Come nella fiaba di Esopo, l’ha spuntata la tartaruga bianconera. Certo più
lenta della lepre polesana. Meno bella. Ma più solida, saggia, pratica.
Presutti, l’uomo della tradizione, dell’ortodossia petrarchina, del rugby
fondato sulla trilogia classica conquista-difesa-gioco al piede, ha avuto la
meglio sulle ambizioni del suo ex assistente, Polla Roux, sul suo gioco veloce,
moderno e ambizioso. Due idee di rugby che si erano a lungo confrontate alla
Guizza, forse persino scontrate, finché Roux non se ne è tornato a Rovigo.
“No scrum, no win”, dicono gli inglesi. Rovigo ora dovrà tenerne
conto. Ma non sarà facile trovare i piloni esperti e di qualità per
stabilizzare il pacchetto.

Un titolo però
Rovigo l’ha vinto: quello del pubblico. Glielo ha assegnato virtualmente
proprio Presutti andando ad applaudire i tifosi rossoblù a fine partita. Ma
quel titolo Rovigo lo vince quasi ad ogni stagione. Spiace solo che al di là
del derby e della passione, i contenuti tecnici del campionato non siano
all’altezza di quello che Rovigo e Padova meriterebbero. Lo possiamo chiamare
come vogliamo. Persino scudetto. Ma per onestà e rispetto della storia
bisognerebbe allora azzerare l’albo d’oro. Perché i confronti col Rovigo di
Maci e Carwyn James, col Petrarca di Geremia e Munari sono diventati
improponibili. Quelle squadre rappresentavano l’élite del rugby nazionale.
Mentre queste, con il trasloco dei club più forti in Celtic League, ne sono
state messe ai margini. Può essere doloroso ammetterlo. Ma aiuterà a crescere. Parafrasando
Presutti, la finale-derby ci ha fatto vedere cosa potrebbe diventare il rugby
italiano con una decina di piazze come queste. Ma bisogna arginare il calo di
competitività. Far finta di niente, o mentire, a chi giova?

……………………………………………..

BENETTON Rompete le righe in Ghirada anche per i Leoni. L’allenatore
riprenderà tra un mese con nuove tecniche.

Smith ci riprova: «sapremo stupire»

Va in Sudafrica. «Ma al ritorno farò qualcosa di suggestivo»

Ennio GROSSO

A Treviso vi rimarrà ancora una settimana, poi venerdì
partirà per il Sudafrica da dove rientrerà agli inizi di luglio per cominciare
la seconda avventura celtica e la quinta stagione sulla panchina biancoverde.

Franco Smith,
Head Coach del Benetton, ha smesso solo da una settimana, dal 6 maggio, giorno
in cui il Benetton ha chiuso la rassegna celtica battendo l’Edinburgh. Per il
resto è stato sempre in campo con i suoi ragazzi per continuare un lavoro
programmato nonostante l’agonismo fosse terminato. «Solitamente la nostra
stagione terminava a fine maggio – dice Smith – pertanto anche quest’anno
abbiamo voluto continuare per alcune settimane, in maniera da chiudere come
nelle precedenti annate».

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

«Tutti dicono
che sarà una stagione ancor più dura di quella che abbiamo terminato da poco,
ma questo ci dà ancor più stimoli. Spero che tutti abbiano imparato la lezione
in maniera da poter disputare un torneo ancor più di livello. Personalmente
sono fiducioso, la squadra c’è e avrà un anno di esperienza in più».

      Una stagione durante la quale i Nazionali
saranno quasi sempre via.

«Infatti, prima
per il Mondiale e poi per il Sei Nazioni, i Nazionali saranno con il resto
della squadra raramente. Abbiamo calcolato che gli azzurri salteranno almeno 11
partite del Benetton, ma d’altra parte sarà così anche per le nostre avversarie.
Senza contare, poi, che pure la preparazione estiva verrà fatta praticamente
senza mezza squadra».

      L’anno scorso di questi tempi ti auguravi
che il Benetton potesse diventare la sorpresa del torneo. Stavolta cosa ti
auguri?

«Se fossimo ancora
la sorpresa del torneo sarebbe un aspetto altamente positivo. Dobbiamo comunque
essere fiduciosi e non avere fretta. Roma non è stata costruita in due giorni.
Un aspetto sul quale sto puntando è la crescita dei giocatori: nella passata
stagione, con una rosa di 42 atleti, siamo riusciti a valorizzarne almeno
24-25: nella prossima vorrei che questo numero aumentasse, che almeno 30-32
giocatori raggiungessero un buon livello. Se alla fine fosse così sarei
veramente felice».

      Nella passata stagione hai optato per un
lavoro duro dall’inizio, anche con qualche aspetto particolare, come la
biciclettata a Jesolo. Quest’anno?

«Ci siamo
allenati anche dopo la fine della stagione in maniera da poter mantenere un
buon livello fisico. Sotto questo aspetto i ragazzi hanno avuto una buona
crescita, pertanto il 4 luglio, alla ripresa della preparazione, lavoreremo più
sotto l’aspetto tecnico. La biciclettata di Jesolo dell’anno scorso fu una
bella esperienza. Faticosa, ma che servì anche a compattare il gruppo.
Probabilmente quest’anno non la ripeteremo – conclude Smith – ma in mente ho
comunque qualcosa di molto suggestivo».

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TREVISO – (e.g.) – Cresce l’attesa per l’inizio del Mondiale
Under 20 che il Veneto e l’Italia ospiteranno per la prima volta.

Venerdì, allo
stadio di Monigo, quindi al Plebiscito di Padova e al Battaglini di Rovigo,
prenderà il via il torneo “Junior World Championship Italy 2011”,
Mondiale che verrà disputato dalle 12 più forti Nazionali ed i migliori atleti
della categoria Under 20.

POULE – Le 12
squadre sono state divise in 3 Poule. L’Italia è stata inserita nella Poule A
con Argentina, Galles e Nuova Zelanda, campione del Mondo in carica. Quindi
nella Poule B Australia, Fiji, Francia, Tonga e nella Poule C Inghilterra,
Irlanda, Scozia, Sudafrica.

A TREVISO –
Saranno 10 le sfide che si disputeranno sul terreno dello stadio di Monigo, ad
iniziare da venerdì 10 giugno, alle 18.10, con Inghilterra-Irlanda e poi alle
20.10 Italia-Nuova Zelanda. Martedì 14 giugno, alle 18.10 Inghilterra-Scozia,
alle 20.10 Irlanda-Sudafrica. Sabato 18 giugno, alle 18.10 Italia-Galles, alle
20.10 Australia-Francia.

Mercoledì 22 giugno
scatterà la fase finale e Monigo ospiterà le semifinali per i primi 4 posti,
alle 18, 2. contro 3., quindi alle 20.10, 1. contro 4.; domenica 26 giugno sul
terreno trevigiano le finali per il 7. posto (alle 12) e per il 5. posto (alle
14.10).

TV – Rai Sport
garantirà la copertura televisiva in diretta di 16 incontri, incluso il match
inaugurale dell’Italia contro la Nuova Zelanda. La rassegna iridata giovanile
verrà trasmessa in Nord America, Europa, Asia, Medio Oriente, raggiungendo
anche l’Africa, il Brasile ed il Giappone.

ALLENAMENTI –
Tre le Nazionali che hanno fissato il quartier generale nel territorio
trevigiano. Ieri sono arrivate la Nuova Zelanda e il Sudafrica: i neozelandesi
si alleneranno a Casale, mentre i sudafricani in Ghirada; oggi, invece, sarà la
volta dell’Argentina che si allenerà a Silea.

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HEINEKEN: Il Treviso è stato inserito nella 4. fascia

TREVISO – (e.g.) – Domani, nello stadio di Twickenham, sede
della diciassettesima finale in programma il 19 o il 20 maggio 2012, verranno
formate le Poule di qualificazione della prossima edizione della Heineken Cup
che si disputerà tra novembre e gennaio (in primavera la fase finale).

Le 24 squadre
partecipanti sono state divise in 4 fasce di merito secondo il Ranking europeo
per club. Ogni girone sarà composto da una sola squadra di ogni fascia.
Inoltre, in nessun girone potrà esserci più di un club della stessa
federazione, ad eccezione dell’Inghilterra, in quanto ci saranno sette
compagini inglesi coinvolte nel torneo della prossima stagione.

Benetton Treviso
e Aironi Viadana, le 2 franchigie italiane presenti, sono state inserite nella
quarta ed ultima fascia. Queste le fasce di merito.

FASCIA 1:
Leinster, Toulouse, Munster, Cardiff Blues, Biarritz Olympique, Leicester
Tigers.

FASCIA 2: Northampton Saints,
Clermont Auvergne, Ospreys, Bath, Harlequins, London Irish.

FASCIA 3: Ulster, Saracens,
Gloucester, Glasgow Warriors, Scarlets, Edinburgh.

FASCIA 4:
Connacht, Benetton Treviso, Castres, Montpellier, Racing Metro 92 e Aironi
Viadana.

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